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Il «ritorno» di un gigante dell’Opec

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Il «ritorno» di un gigante dell’Opec

A chi obiettava come le sanzioni internazionali contro l’Iran fossero in parte inefficaci, e comunque facili da eludere, i difensori dell’embargo rispondevano con argomenti convincenti: nel 2010 la Repubblica islamica produceva 3,9 milioni di barili al giorno (mbg) di greggio, esportandone 2,5. Dopo l’embargo petrolifero europeo, scattato il primo luglio del 2012, le esportazioni erano scese, nei momenti più drammatici a 700-800mila barili al giorno. E comunque fino a poco mesi fa si aggiravano sul milione di barili.
Ecco perchè l’accordo quadro di ieri sul controverso dossier nucleare ha avuto un impatto deciso sui mercati petroliferi. Durante gli scambi, la prima posizione dei futures sul Brent ha accusato una caduta del 5,15%, scendendo ben sotto i 55 dollari al barile (chiudendo poi a 54,95 dollari), mentre quella sul Wti, petrolio di riferimento in Nord America, ha ceduto il 4% chiudendo poi un calo dell’1,9% a 49,14 dollari al barile.
D’altronde, in un periodo in cui nel mondo c’è già un robusto eccesso di offerta, il ritorno di Teheran sui mercato, con una potenziale dote di almeno un altro milione di barili da esportare, si farà sentire.

Teheran farà di tutto per esportare quanto prima. Ha bisogno di riprendersi. La sua dinamica economia, ancora dipendente dal settore energetico, è stata messa in ginocchio. Prima dell’embargo Teheran poteva fare affidamento su 100 miliardi di dollari di entrate energetiche. Due anni dopo si sono ridotte a 33 miliardi. Le sanzioni contro il sistema bancario e finanziario hanno poi stritolato gli altri settori dell’economia. La contrazione del Pil è stata inevitabile. Negli ultimi due anni l’economia ha accusato un calo del 6,5% e dell’1,7%. Ora tutto potrebbe cambiare. Se l’accordo sul controverso dossier nucleare dovesse essere perfezionato entro il 30 giugno, e se le sanzioni dovessero essere realmente tolte nel periodo successivo, l’Institute of Internationl Finance ha calcolato che il Pil iraniano potrebbe rimbalzare del 5 per cento. In caso contrario, accuserebbe un’ulteriore contrazione dell’1,2 per cento.

Certo, ci vorrà del tempo prima che Teheran torni a produrre a pieno regime. Alcuni analisti ritengono che possa aumentare l’estrazione di 500-800mila barili al giorno nell’arco di 3-6 mesi. Le dichiarazioni del ministro iraniano del petrolio, Bijan Namdar Zanganeh, secondo cui l’Iran riverserà sui mercati internazionali un milione di barili, vanno tuttavia prese con cautela. Per una semplice ragione: per quanto abbia le terze riserve mondiali di greggio convenzionale, le compagnie petrolifere canadesi, americane ed europee difficilmente si precipiteranno per accaparrarsi lo sfruttamento delle grandi risorse energetiche iraniane. Probabilmente lo faranno solo in parte, forse optando per un periodo di osservazione. Per quanto promettente, l’industria energetica iraniana si trova in uno stato fatiscente e necessita grandi investimenti. Tanto che il piano quinquennale iraniano prevedeva investimento per 255 miliardi di dollari tra il 2011 e il 2015.
Ci vorrà dunque tempo. Ma Teheran festeggia. Se tutto dovesse andare per il verso giusto, i più ottimisti sono convinti che per le aziende europee si aprirà un mercato da centinaia di miliardi di dollari. Di questi tempi non è poco.

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