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Putin sblocca la vendita di sistemi anti-missile S-300 all’Iran

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MOSCA-TEHERAN

Putin sblocca la vendita di sistemi anti-missile S-300 all’Iran

Nel 2010, la decisione del Cremlino di congelare la vendita all’Iran di cinque batterie dei sofisticati sistemi anti-missile S-300 (un accordo da 800 milioni di dollari) era stata il segno più tangibile della volontà di russi e americani di far funzionare il “reset”, il rilancio dei rapporti bilaterali. Quel decreto del 22 settembre 2010, che proibiva il trasferimento di armamenti a Teheran in osservanza delle sanzioni Onu, portava la firma di Dmitrij Medvedev, allora presidente.

Oggi è invece un “ukaz” di Vladimir Putin a fare retromarcia, e a resuscitare quel contratto del 2007 annullato. Con un decreto pubblicato sul sito rinnovato del Cremlino, il presidente russo ha di fatto cancellato una parte del decreto di Medvedev, togliendo il bando sul trasferimento degli S-300 in Iran: senza attendere l’esito dei negoziati internazionali che entro il 30 giugno dovranno confermare l’accordo di principio raggiunto a Losanna con Teheran il 2 aprile scorso. E solo allora dare il via a un graduale allentamento delle sanzioni, a condizione di poter verificare i progressi del programma nucleare civile iraniano, ridimensionato in modo da escludere la possibilità che l’Iran se ne serva per realizzare armamenti nucleari.

Tempi e modalità dell’accordo definitivo sono ancora oggetto di aspre discussioni, e i negoziati di questi mesi vedranno Barack Obama e il presidente iraniano Hassan Rohani impegnati ad affrontare forti resistenze interne. Ma ora il Cremlino corre avanti, preoccupato di rafforzare i legami economici con la Repubblica islamica prima che il disgelo con gli Usa introduca nel quadro la concorrenza americana. La ricomparsa degli S-300 sulla scena è però destinata a irrigidire ancor più le posizioni dei critici, e in particolare di Israele, preoccupato di veder destabilizzare l’equilibrio militare nella regione. La luce verde data da Putin agli S-300, ha detto il ministro israeliano della Difesa Yuval Steinitz, «è il risultato della legittimazione che l’Iran sta ricevendo» dall’accordo di Ginevra: «Invece di esigere che l’Iran metta fine alle proprie attività terroristiche in Medio Oriente - ha detto ancora il ministro - li mettono in grado di armarsi con sistemi avanzati, che non faranno che incrementare le aggressioni».

Gli S-300 sono in grado di garantire una copertura fino a 400 km contro aerei e missili di medio raggio, distanza che Israele teme possa mettere a rischio la propria aviazione civile e militare. Da Washington anche il segretario di Stato americano John Kerry, che ha avuto una conversazione telefonica con il collega russo Serghej Lavrov, ha espresso preoccupazione per la svolta di Mosca, mentre la Casa Bianca spiega che vedendo Putin correre ad armare l’Iran prima del tempo il gruppo dei negoziatori sul nucleare potrebbe spaccarsi. E tuttavia Lavrov non ritiene di violare in questo modo le sanzioni decise un tempo dall’Onu: nel 2010, ha spiegato, Mosca aderì all’embargo volontariamente, ma il bando agli S-300 non rientrava nelle sanzioni: «A questo punto - ha detto Lavrov - riteniamo che il bisogno di un embargo russo sia completamente sparito».

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