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Il boom indiano resta un mistero: cosa c'è dietro la crescita…

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NUMERI DI NEW DELHI

Il boom indiano resta un mistero: cosa c'è dietro la crescita all'8%

Il Fondo monetario internazionale ci ha messo il proprio imprimatur, portando le stime di crescita del Pil al 7,5% per i prossimi due anni. Ma il miracolo dell'economia indiana resta un rebus per molti analisti. A gennaio, New Delhi ha modificato il metodo di calcolo del Pil, con risultati sbalorditivi. Non solo le nuove serie di dati hanno cancellato la stagnazione che ha colpito il Paese tra il 2012 e il 2013. Ma l'India si è addirittura trasformata nella grande economia a più rapida crescita al mondo, superando la Cina.A mesi di distanza, però, l'Istituto nazionale di statistica, che ha elaborato il ricalcolo, è ancora costretto a difendersi dallo scetticismo di chi denuncia discrepanze con l'andamento dei sotto-indicatori economici.

Venerdì, solo per fare un esempio, sono stati resi noti i dati su esportazioni e importazioni nel 2013/14 (in India l'anno finanziario va da marzo ad aprile). Le prime sono diminuite dell'1,2% rispetto all'anno precedente e sono dell'8,7% più basse rispetto al target indicato dal governo. L'import, invece, è sceso del 13,4%. E questo è solo uno dei tanti esempi.A febbraio, l'Istituto di statistica ha diffuso un volume di 144 pagine per spiegare quello che ha fatto. Questa settimana ha invitato a New Delhi analisti ed economisti a un workshop di un giorno intero. Quel che ne emerge è che il metodo di calcolo utilizzato fino alla revisione era a dir poco approssimativo.

Tanto per cominciare, per misurare il valore della produzione manifatturiera ci si basava su un indice quantitativo costruito su un campione di poche migliaia di industrie. Inoltre, ha spiegato il direttore generale dell'Istituto di statistica, Ashish Kumar, è che «Maruti e Audi erano considerate uguali»: vale a dire che non si teneva conto del diverso valore tra un prodotto e l'altro, ma solo dei volumi. Non solo: si perdevano completamente le attività accessorie alla produzione, come marketing, logistica, sviluppo, pianificazione finanziaria. Tutto questo è stato corretto, ma l'impatto della revisione è così grande da destare comunque perplessità: nel 2012/13 il manifatturiero sarebbe cresciuto del 6,3% anziché dell'1,1%.

L'anno seguente, la contrazione dello 0,7% viene invece cancellata da un'espansione del 5,3%.Nel vecchio metodo di calcolo del Pil, l'industria finanziaria comprendeva solo banche e assicurazioni. Ora finalmente si tiene conto anche delle attività di Borsa e della finanza informale. L'oro, prima considerato un consumo, ora passa sotto la voce risparmi. E se non è oro tutto ciò che luccica, la statistica sembra in grado di trasformare in valore le cose più impensabili. Come gli escrementi di pecore e capre, che, hanno spiegato i tecnici dell'Istituto, «per la prima volta abbiamo incluso nella produzione di letame biologico», attraverso l'utilizzo di parametri statistici che calcolano quanto defecano gli animali. Valore? 9,1 miliardi di rupie, 150 milioni di dollari.Difficile dire se questo basterà alle autorità indiane per far capire ai loro interlocutori come sono arrivati ad alzare dal 4,7% al 6,9% il tasso di crescita per il 2013/14 (e dal 4,5 al 5,1 quello del 2012/2013).

E a prevedere un'accelerazione al 7,4% per il 2014/15. Riecheggiando rilievi già fatti dalla Banca centrale indiana, che si è immediatamanete mostrata molto perplessa su questi numeri, una recente nota di Ruchir Sharma, managing director di Morgan Stanley investment management, si chiede «come abbia fatto l'economia ad accelerare mentre il governo tagliava la spesa pubblica, i tassi d'interesse aumentavano, i consumi frenavano e le importazioni scendevano». Dalla diminuzione della crescita del credito alla debolezza dei trasporti merci ferroviari fino alla produzione invariata di carbone, insiste Sharma, tutto «punta a un tasso di crescita del Pil molto più basso sia per il 2013 che per il 2014, probabilmente più vicino alla vecchia stima del 5% circa».

L'analisi (che mette in discussione anche i dati cinesi) prende poi in considerazione i ricavi aziendali, che nelle fasi di espansione tendono a crescere più dell'economia. In India, però, «si stanno espandendo a un tasso corretto per l'inflazione del 6,4%». Insomma, se cambiare il metodo di calcolo del Pil è una «riforma sensata», che permette di adottare standard internazionali e comprendere meglio quello che succede nel sistema economico, ciò che ne è uscito «è un pasticcio bello e buono», tale da indurre molti analisti a «mettere in dubbio per la prima volta i dati indiani». Sui presunti errori dei burocrati si starebbero ora innestando, sempre secondo Sharma, quelli del governo, che sui nuovi dati (anche se il capo dei consiglieri economici, Arvind Subramanian, li ha criticati) ha costruito le previsioni per il 2015 e 2016, stimando tassi di crescita superiori all'8%.

La Banca centrale si è tutto sommato adeguata con previsioni di poco più basse di quelle del governo, ma non rinuncia a mettere in guardia su possibili correzioni al ribasso e sull'incertezza che la nuova serie di dati genera, sottolineando quanto tutto questo complichi le politiche monetarie. Il governatore Raghuram Rajan aveva avviato un ciclo espansivo tra gennaio e marzo, tagliando in due mosse i tassi di 50 punti base (al 7,5%). Ma un'economia che viaggia a ritmi del 7,5-8% dovrebbe generare inflazione (mentre in India si assiste a un raffreddamento dei prezzi) e richiedere semmai una stretta.

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