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Grecia, pressing europeo sulle riforme

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Grecia, pressing europeo sulle riforme

Andrej Babis (r) con  Yanis Varoufakis (Reuters)
Andrej Babis (r) con Yanis Varoufakis (Reuters)

RIGA - Come nelle partite a poker, si avvicina il momento in cui il bluff dei giocatori nella crisi greca verrà smascherato. Ancora ieri qui a Riga, a margine di una riunione dei ministri delle Finanze, i partner della Grecia hanno messo sotto pressione il governo Tsipras perché proponga convincenti riforme economiche che gli permettano di strappare nuovi aiuti finanziari. Nel frattempo, ad Atene il Parlamento ha approvato un decreto che impone agli enti locali di prestare denaro al governo centrale.

I greci «sono in difficoltà per mancanza di denaro e questo è un buon motivo per darsi da fare e cercare di raggiungere quell'accordo», ha ribadito il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, dopo che nella riunione di venerdì dell'Eurogruppo i ministri hanno criticato il loro collega greco Yanis Varoufakis per la lentezza con la quale proseguono i negoziati sulle nuove misure economiche che devono convincere i creditori internazionali a garantire nuovi indispensabili prestiti.

Diplomatici sono convinti che nel negoziare con molti tira-e-molla Atene tenti di strappare concessioni, convinta che a nessuno convenga l'uscita del paese dalla zona euro. La Grecia deve rimborsare in maggio un miliardo di euro al Fondo monetario internazionale (la scadenza più importante è il 12 maggio). Venerdì notte, il Parlamento greco ha approvato un decreto che impone agli enti locali di prestare denaro al governo centrale in via temporanea. La scelta ha provocato le reazioni negative di molti governi regionali.

Il rappresentante degli enti locali, Kostas Agorastos, ha spiegato: poiché il governo «ci ha parlato onestamente e poiché il nostro paese ha bisogno di questa mossa negoziale per concludere le trattative, abbiamo accettato di concedergli questo strumento». La decisione del governo giunge mentre la sua politica è sempre più controversa: secondo un sondaggio solo il 45% dei greci l'approva, in calo di 30 punti. Intanto, il ministro delle Finanze sloveno Dusan Mramor ha confermato che sta valutando piani nel caso di un mancato rimborso e di un eventuale fallimento dela Grecia.

Su altri fronti, i ministri delle Finanze dell’Unione hanno dato ieri il loro primo appoggio politico alla proposta della Commissione europea di imporre lo scambio di informazioni sugli accordi fiscali tra società e governi (si veda Il Sole/24 Ore del 19 marzo). I tax rulings, come si chiamano in inglese, sono intese in base alle quali i governi concedono a grandi gruppi internazionali particolari privilegi fiscali. L'obiettivo di Bruxelles è di porre mano ad accordi che nei fatti hanno consentito l'evasione o la frode fiscale.

Questa proposta è «semplice, pratica e con una entrata in vigore il 1° gennaio 2016», ha detto il commissario agli affari economici Pierre Moscovici, definendo l'idea «rivoluzionaria». Secondo alcuni diplomatici, nella riunione di ieri i ministri hanno sostenuto la proposta con forza. Il Lussemburgo, che dal 1° luglio avrà la presidenza dell'Unione, ha promesso che lavorerà «con accanimento» per fare sì che il pacchetto entri in vigore l'anno prossimo. Il negoziato diplomatico è appena iniziato.

«Politicamente l'accordo c'è - spiega un negoziatore -. Le prime riunioni tecniche hanno però mostrato molte differenze tra i paesi». Ad essere colpiti dalla nuova normativa sarebbero soprattutto i piccoli paesi – come l'Irlanda o il Lussemburgo - che in questi anni hanno usato accordi fiscali vantaggiosi per attirare investimenti dall'estero. Nelle discussioni hanno chiesto che lo scambio di dati riguardi non solo i tax rulings con imprese straniere ma anche quelli con aziende nazionali, più frequenti nei paesi più grandi.

Il loro obiettivo è di evitare che paradossalmente la nuova normativa possa beneficiare in via indiretta i grandi paesi. Sempre ieri, Moscovici ha confermato che in giugno intende presentare un nuovo progetto per armonizzare la base imponibile sul reddito delle imprese. Un primo piano è stato presentato nel 2011 e da allora è bloccato dai governi. Il ministro delle Finanze lussemburghese Pierre Gramegna, che nella seconda parte dell'anno presiederà l'Ecofin si è impegnato a rilanciare la discussione.

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