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Israele, Netanyahu guiderà un Governo con i nazionalisti religiosi

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INTESA IN EXTREMIS

Israele, Netanyahu guiderà un Governo con i nazionalisti religiosi

Un governo che nasce all’ultimo minuto dell'ultimo giorno concesso dalla legge, allo scoccare della mezzanotte come Cenerentola, quasi due mesi dopo le elezioni; un governo che nasce con un solo seggio parlamentare di maggioranza, sottoposto ai venti impetuosi di ambizioni personali, riforme da fare, obiettivi contrastanti, in una regione piena di conflitti e con una questione irrisolta con i palestinesi. Un governo così, non è mai una garanzia per il futuro.

Ma è questo ciò che sta accadendo in Israele, patria del proporzionale assoluto, nemesi delle ambizioni riformiste di Matteo Renzi, in Italia. Il 17 marzo Bibi Netanyahu e il suo partito, il Likud, avevano rivinto le elezioni con un margine inaspettato. Con una maggioranza relativa di 30 seggi – una cifra al limite del miracoloso nel sistema israeliano – Netanyahu avrebbe potuto fare un governo in tre giorni: scegliendone uno di unità nazionale con i laburisti, uno più centrista o uno con tutte le destre nazionali e ultra-religiose.

Pur con qualche tentennamento i laburisti di Isaac Herzog, i grandi sconfitti alle elezioni, avevano declinato il possibile invito. I centristi laici di Yair Lapid erano stati più netti e immediati nel loro rifiuto di collaborare con Netanyahu. Al premier uscente restava sempre la coalizione di destra che comunque gli avrebbe garantito una solida maggioranza parlamentare di una settantina di seggi su 120.

Ma ecco che, non così inaspettatamente, il ministro degli Esteri uscente e ultranazionalista Avigdor Liebermann, qualche giorno fa ha annunciato che mai e poi mai sarebbe entrato di nuovo in un esecutivo Netanyahu: è soprattutto una questione di scontro di personalità fra due politici ambiziosi, un tempo fraterni amici.

Bibi si è così ritrovato con una maggioranza minima e zeppa di partiti ultra-religiosi sefarditi e askenaziti. Ma anche così non è stato facile. Naftali Bennett, leader della destra ultra-nazionalista di Habayit Hayehudi, ha preteso fino all’ultimo per il suo partito il posto di ministro della Giustizia. Un dicastero fondamentale che Netanyahu voleva tenere per un fedelissimo del Likud. Bennett sarà accontentato: avrà la Giustizia ma con poteri limitati.

Oltre a una maggioranza parlamentare così esigua e a una trattativa spossante condotta fino all'ultimo momento, il governo che sta per nascere avrà un'altra debolezza: l'eccessiva pretesa di “ultra”, ultra religiosi e ultra nazionalista. È difficile trovare un esecutivo più di destra nella storia di Israele contemporaneo. L’agenda di Naftali Bennett, ancora più di quella di Bibi, rischia di isolare il paese dal resto del mondo. Sarà difficile che il nuovo governo sia accolto con soddisfazione da Barack Obama. Né dall’Unione europea che potrebbe applicare una serie di sanzioni economiche contro tutto ciò che viene prodotto da Israele nelle colonie ebraiche dei Territori occupati.

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