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DOPO LA SENTENZA

Farnesina: profonda preoccupazione per la condanna a morte di Morsi in Egitto

Profonda preoccupazione è stata espressa dalla Farnesina per la sentenza di condanna a morte nei confronti dell'ex presidente egiziano Mohamed Morsi e di altri dirigenti della Fratellanza Musulmana. Nel ricordare che l'Italia ripudia la pena di morte ed opera per una moratoria universale delle esecuzioni capitali, la Farnesina confida che le sentenze siano riviste e si attende che il sistema giudiziario egiziano operi in maniera imparziale, esclusivamente in base alla legge.

Mohamed Morsi, candidato vincente alle elezioni presidenziali post primavera araba, in carica meno di un anno dal giugno 2012 al luglio 2013, poi deposto e processato, è stato ieri condannato a morte con altri 15 imputati per evasione di massa dei leader islamisti in prigione e per le violenze durante le rivolte del 2011. Morsi era il candidato di Libertà e Giustizia, partito appoggiato dalla Fratellanza Musulmana, espressione della svolta islamista in Egitto bloccata dal ritorno al potere dell’esercito e dall’ascesa dell’attuale presidente, espressione del poter militare, il generale Abdel Fattah Al Sisi.

La parabola di Morsi è la parabola dell’Egitto degli ultimi cinque anni, dalla rivoluzione di piazza Tahrir al Cairo (25 gennaio 2011) a oggi. Morsi, sessantenne ingegnere chimico, master in California, moglie che porta il velo, imputato che non riconosce la legittimità delle autorità oggi in Egitto e quindi del tribunale che lo ha giudicato, è stato il primo candidato eletto dopo il trentennale regime di Hosni Mubarak, deposto nel febbraio 2011 e a sua volta processato. Un presidente eletto con elezioni abbastanza democratiche dopo trent’anni di regime di quel rais appoggiato dall’esercito ma laico e alleato dell’Occidente. Già quando Morsi fu eletto alcune voci esperte mondo arabo non erano affatto convinte di una vera svolta. Il presidente della Fratellanza Musulmana è stato deposto in meno di un anno, oggi è il generale Al Sisi al potere.

La sentenza del tribunale del Cairo che condanna a morte Morsi - ha annunciato un giudice in diretta tv - è stata inviata al Gran Muftì per un un parere segreto e non vincolante. L’ex presidente si trovava nella gabbia degli imputati alla lettura della sentenza. Con lui molti altri imputati, tutti membri del partito islamista dei Fratelli Musulmani, sono stati condannati in contumacia, tra di loro anche l'influente leader religioso Yusuf al-Qaradawi che risiede nel Qatar.

In un precedente processo, tre settimane fa, Morsi era già stato condannato a 20 anni di carcere per la repressione di manifestanti fuori dal palazzo presidenziale del Cairo nel dicembre 2012.

Nel Sinai «islamista» uccisi tre giudici
Poche ore dopo la condanna di Morsi, tre giudici egiziani sono stati uccisi da colpi di pistola sparati da uomini armati nella provincia del Sinai. Dalla destituzione di Morsi il 3 luglio del 2013, la situazione nel Sinai è particolarmente tesa e qui si sono registrati numerosi attentati contro le forze della sicurezza egiziana. Il Sinai è patria del movimento jihadista Ansar Beit al-Maqdis, che lo scorso novembre ha giurato fedeltà allo Stato Islamico (Is).

La reazione del turco Erdogan
La reazione del presidente turco Erdogan era prevedibile. In Turchia l’esponente di un partito che vuole imporre un Islam moderato e avversario delle forze tradizionalmente laiche nel Paese: la magistratura e soprattutto l’esercito. Morsi era il suo omologo egiziano e dall’inizio il governo turco si era schierato con lui e i Fratelli Musulmani contro al Sisi. L’Egitto è ora invece saldamente in mano all’esercito. Ecco dunque che Erdogan dice: «L'Egitto si sta trasformando nell'Antico Egitto. Sisi non può essere sfidato. L'Occidente non mostra alcuna presa di posizione nei confronti del golpista Al Sisi». (an. man.)

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