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Pensioni greche, resistono le deroghe e i privilegi

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Pensioni greche, resistono le deroghe e i privilegi

La prima voragine nelle casse greche sono le pensioni che, secondo gli ultimi dati Ocse disponibili relativi al 2014, pesano per il 16% del Pil, rispetto all’11% della Germania e l’11-12% della media euro mentre la spesa sociale complessiva, sempre dati Ocse 2014, pesa per il 24% del Pil rispetto al 22% della ricca Norvegia.

È evidente che nel passato ci sono state elargizioni previdenziali troppo generose, tra cui la più clamorosa era quella che riguardava la pensione di reversibilità alle figlie nubili o divorziate di un ex-dipendente statale, un lascito dell’ex giunta militare.

Nel maggio 2010 in Grecia era diffuso il fenomeno delle pensioni false, soprattutto per quelle di invalidità e quelle del settore dell’agricoltura: il ministero del Lavoro del governo Papandreou aveva calcolato che a quell’epoca venivano corrisposte 320.000 pensioni di questo genere (pari al 14% di tutte le pensioni pagate nel paese) che avrebbero dovuto essere ridotte almeno a 160.000.

Poi i tempi sono cambiati e sono arrivate le sforbiciate: in Grecia il congelamento delle indicizzazioni delle pensioni è iniziato nel 2011 e dovrebbe concludersi quest’anno, sempre ammesso che il Governo Tsipras trovi li fondi per far ripartire gli adeguamenti automatici sia pure in un contesto di deflazione.

In Grecia, l’età pensionabile femminile è stata parificata a quella degli uomini, aumentata nel frattempo dai 60 anni ai 65 tra il 2011 e il 2013. Nel 2013, l’età pensionabile è stata portata a 67 per gli uomini e per le donne con meno di quindici anni di contributi. Le donne con più di 15 anni di versamenti possono andare in pensione a 65 anni. In realtà l’età effettiva in cui i greci vanno in pensione, secondo l’ex troika, è di 62 anni grazie a deroghe e numerose finestre di prepensionamento anticipato, che i creditori vorrebbero chiudere. Syriza, invece, vorrebbe reintrodurre la 13esima mensilità e abolire la clausola del pareggio di bilancio per i fondi pensionistici speciali, che in passato avevano incassato generosi aiuti pubblici.

Ma il problema della previdenza greca è che per anni ci sono stati abusi di massa, complici medici spesso compiacenti, conti in rosso cronici e investimenti internazionali speculativi dei fondi pensione delle casse di previdenza speciali.

Tutte operazioni spericolate che hanno pesato sulle casse pubbliche e fatto lievitare il debito statale che infatti è al 177,1% del Pil. Poco è valsa l’opera di recupero, su pressione della troika, di 10 miliardi di dollari iniziata qualche anno fa dall’Istituto delle assicurazioni sociali (Ika), paragonabile al nostro Inps, che gestisce le pensioni per oltre 5,5 milioni di persone su un totale di 11 milioni di abitanti.

I tre governi che si sono succeduti dal 2009, Papandreou, Papademos e Samaras, hanno stretto per ben tre volte la spesa previdenziale, aumentando l’età pensionabile e riducendone la generosità delle prestazioni, passando dal sistema contributivo a quello retributivo.

Oggi, intanto, le pensioni elleniche raggiungono a stento il 50% dell’ultima retribuzione e sono calcolate sui contributi versati, un sistema che ha spinto molti dipendenti ad uscire dall’economia in nero. Ma ci sono ancora troppe scappatoie nei fondi speciali.

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