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Il default con l'Fmi non è immediato

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Il default con l'Fmi non è immediato

Francoforte - Nelle ultime ore, il Governo greco ha insistito con la tattica che ha scelto fin dalle elezioni di gennaio: dichiarare pubblicamente tutto e il contrario di tutto nel giro di poche ore. Stavolta è toccato al ministro dell'Interno dire che Atene non ha intenzione di pagare il Fondo monetario (al quale deve rimborsare poco meno di 350 milioni di euro il 5 giugno e 1,5 miliardi nell'intero mese), perché i soldi non ci sono. E poco dopo al portavoce del Governo affermare che è responsabilità dell'esecutivo pagare le proprie obbligazioni. Entrambi sembrano per lo meno concordare che un accordo con i creditori è necessario il più presto possibile.

Data la struttura dei rimborsi nelle prossime settimane, l'Fmi è diventato il problema più urgente per la Grecia, anche se i successivi pagamenti alla Bce, quasi 7 miliardi di euro nei mesi di luglio e agosto, sono di maggiori dimensioni e ogni incrinatura del rapporto con l'istituto di Francoforte potrebbe portare a conseguenze ben più devastanti, in quanto il sistema bancario greco è tenuto a galla dalla liquidità di emergenza autorizzata settimanalmente dalla Bce.

Intanto, però, Atene deve affrontare i rimborsi al Fondo. L'ultimo, di 750 miliardi di euro, il 12 maggio scorso, è stato finanziato quasi interamente con riserve di cui la Grecia dispone presso l'Fmi stesso: una partita di giro, si potrebbe dire, se non fosse che queste riserve vanno prima o poi reintegrate e comunque per tutto il tempo del “prelievo” Atene dovrà pagarci gli interessi.

Ieri, il “Wall Street Journal” ha ventilato che la Grecia possa, con un altro espediente, rinviare il pagamento del 5 giugno. Le regole del Fondo consentono infatti di raggruppare alcuni pagamenti, senza che il debitore venga dichiarato in arretrato. Atene potrebbe quindi mettere assieme i quattro pagamenti di giugno (di importo simile) e corrisponderli a fine mese. L'ipotesi è stata smentita dal portavoce del Governo greco.

Ma nei rapporti con l'Fmi c'è un'altra scappatoia temporanea. Anche quando un Paese ritarda un pagamento, il direttore del Fondo ha un mese di tempo per notificarlo al consiglio dell'istituzione di Washington. Solo la notifica, e non il mancato rimborso in sé, fa scattare una procedura all'Efsf, il precursore del fondo salva-Stati Esm, che è stato coinvolto nei primi prestiti alla Grecia e che potrebbe a sua volta dichiararne l'insolvenza. Al Fondo, poi, il consiglio ha altri 3 mesi prima di dover prendere una posizione formale. Quindi, il debitore inadempiente ha comunque un po' di spazio. È improbabile peraltro che alla Bce, i cui rimborsi verrebbero nel frattempo a scadenza, prenderebbero alla leggera un ritardo nei pagamenti all'Fmi.

Il rapporto con il Fondo monetario non è di scarso rilievo anche perché metà circa dei 7,2 miliardi di euro di finanziamenti, bloccati a seguito dall'incapacità della Grecia di soddisfare le condizioni del programma legato al secondo pacchetto di aiuti, viene da Washington, che complessivamente ha ancora da sborsare circa 18 miliardi di euro del prestito legato a quel programma, il cui termine è il marzo 2016.

Il capo economista dell'Fmi, Olivier Blanchard, ha dichiarato, in un'intervista a “Les Echos”, che non è realistico pensare che la Grecia possa raggiungere gli obiettivi di bilancio fissati per il 2015 e che le misure finora proposte da Atene sono insufficienti a generare un surplus di bilancio. Il che porterebbe a maggiori necessità di finanziamento. Queste tuttavia non possono essere soddisfatte senza un accordo con i partner europei, che per ora resta incertissimo.

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