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analisi

Scuola e competenze per il mondo del lavoro: l'allarme non è solo per l'Italia

Sono dati particolarmente preoccupanti, quelli rilasciati oggi dall’Ocse sulle competenze scolastiche dei giovani alle soglie del mondo del lavoro (Skills Outlook 2015). E non soltanto perché, come ormai troppo spesso, l’Italia è fanalino di coda in diversi parametri, fra cui le competenze alfanumeriche, la disoccupazione o l’inoccupazione, ma anche perché il fenomeno interessa tutta l’area dei Paesi industrializzati. In media la disoccupazione giovanile ha subìto un’impennata tra il 2008 e il 2009, nel momento dunque del massimo impatto della crisi mondiale, e poi i valori si sono stabilizzati su quel livello, senza mai scendere davvero.

Vi sono, come sempre, stati che hanno sofferto di meno, ma la tendenza è generale, tanto che a fronte di una “calamità personale per chi è colpito” gli analisti dell’Ocse parlano di un “inaccettabile spreco di potenziale umano” che riguarda trasversalmente le società industrializzate, laddove i i 39 milioni di giovani che nel 2013 in area Ocse non frequentavano una scuola e non lavoravano (Neet) rischiano di diventare anche “un potenziale fardello per le nazioni: meno introiti fiscali, maggiori costi di welfare, instabilità sociale, che possono derivare da una parte della popolazione senza lavoro e demoralizzata. I giovani dovrebbero essere un asset per l'economia, non un possibile peso”.

Sul banco degli imputati, ancora una volta, scuole e governi, che dovrebbero volgersi ad azioni energiche: “Troppi giovani lasciano la scuola senza le giuste competenze e dunque fanno fatica a trovare un'occupazione”, e “il 40% di coloro che abbandona la scuola prematuramente” ha qualità inadeguate al mondo del lavoro, si afferma nel nuovo Rapporto. Un dato che riguarda peraltro anche un numero crescente di laureati: il 10% ha esigue competenze alfabetiche e il 14% manca di adeguate competenze numeriche.

Anche l’assenza di esperienza di lavoro già durante la formazione viene giudicata un ostacolo all’ottenimento di un posto, perché le imprese considerano “troppo oneroso” assumere personale inesperto.

Da qui la necessità di dare massima priorità all’istruzione in tutti i suoi aspetti e in tutte le fasi della vita attiva, con opportunità, sostegno e finanziamenti adeguati e con un impegno di tutti: “Le politiche di governo possono influenzare le dinamiche tra competenze, formazione e impiego, assicurando un circolo virtuoso”; la scuola dovrebbe cercare “un approccio più olistico”; i giovani sono chiamati a “sviluppare la capacità di adattarsi alla realtà e ad imparare di più”; i potenziali datori di lavoro dovrebbero avvicinarsi maggiormente al mondo dell'istruzione, favorendo percorsi di formazione professionale di qualità per gli adolescenti fin dai banchi di scuola.

Secondo l'Ocse, che definisce come competenze “le caratteristiche individuali che portano al benessere e al progresso socio-economico”, le qualità fondamentali per potersi inserire nel mercato del lavoro sono molteplici e vanno ben oltre le ovvie competenze specifiche o tecniche.

Trasversali a tutti i tipi di lavoro sono le competenze cognitive, necessarie per una partecipazione efficiente ed efficace alla vita sociale ed economica delle economie avanzate. Esse comprendono la comprensione, l’interpretazione, l’analisi e la comunicazione di informazioni complesse e l'abilità di applicarle a svariate situazioni della vita di tutti i giorni.

Ancora trasversali sono pure le competenze della sfera emotiva e l'elenco dell'Ocse in questo senso è assai articolato: cordialità, rispetto, considerazione, perseveranza, autocontrollo, passione nel raggiungimento dei propri obiettivi, calma, ottimismo, fiducia. Ma vi sono anche le “competenze del XXI secolo”: creatività e pensiero critico, perché utili “all'innovazione e alla possibilità di adattamento a cambiamenti anche rilevanti”.
Un diplomato dovrebbe possedere queste qualità, ma laddove esse non vengano acquisite negli anni di scuola, l’Ocse chiede agli stati membri la costruzione di programmi per una “seconda possibilità”, come avviene in vari Paesi, tra cui il Canada, l'Irlanda o gli USA.

Fondamentale per un miglioramento della situazione, sostiene l'Ocse, è un approccio sinergico: “Le riforme del mercato del lavoro, volte a far incontrare domanda e offerta giovanile e a limitare il precariato non serviranno, se il sistema educativo non fornirà agli studenti le competenze di cui hanno bisogno”. Allo stesso modo, onde evitare fatali asimmetrie, i programmi di formazione professionale non potranno essere efficaci senza una collaborazione stretta tra mondo del lavoro e scuola.

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