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Blatter e il potere dei soldi

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l'analisi

Blatter e il potere dei soldi

«Il calcio è più importante dell’insoddisfazione delle persone». Questa frase, che non sfigurerebbe in bocca a diversi dirigenti del calcio nostrano, Sepp Blatter l’ha pronunciata nel giugno 2013.

Lo fece a proposito delle manifestazioni in Brasile contro i costi eccessivi e le condizioni di lavoro di chi stava costruendo gli stadi per i mondiali.

Seduto su una montagna di milioni di dollari, il presidente svizzero della Fifa, in carica dal 1998, ma prima per altri 17 anni era stato segretario generale - cioè numero due - della potente Federazione del calcio mondiale, fino a ieri era pronto a incassare la quinta elezione alla guida dell’organizzazione laica probabilmente più potente della terra. La Fifa ha più associati perfino dell’Onu, 209 Stati contro i 193 delle Nazioni Unite. In seguito agli arresti di ieri e alle accuse di corruzione provenienti dall’Fbi, il settantanovenne Blatter è preoccupato. Ma non ha intenzione di ritirare la candidatura alle elezioni previste per domani a Zurigo.

Blatter è sempre uscito indenne dagli scandali e polemiche in cui è finito fin dalla prima elezione, ogni volta più forte, malgrado in alcuni paesi goda di fama di impresentabile. Blatter ha dribblato anche lo scandalo per l’assegnazione dei mondiali del 2022 al Qatar, argomento che è oggetto dell’indagine dell’Fbi insieme all’assegnazione dei mondiali 2018 alla Russia.

Secondo un’inchiesta pubblicata un anno fa dal Sunday Times, l’ex vicepresidente della Fifa, ex delegato Fifa per il Qatar ed ex boss della Federazione asiatica, Mohamed Bin Hamman, avrebbe pagato mazzette per oltre 5 milioni di dollari, soprattutto ai votanti africani nella Fifa, per assegnare nel 2010 i mondiali al Qatar. Lord David Triesman ex vicepresidente della federazione calcio inglese, ha attaccato Blatter: «Ho paura che la Fifa sia guidata come una famiglia di mafiosi. Ha una lunga tradizione di bustarelle, tangenti, e corruzione». Blatter, annunciando la sua ricandidatura alla Fifa, ha affermato che sulla decisione di assegnare i mondiali al Qatar hanno influito “le pressioni” del governo francese. Un modo per scaricare la colpa sul rivale Michel Platini, amico dell’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani. Alla vigilia dell’assegnazione dei mondiali, Platini accompagnò l’emiro dal presidente Nicolas Sarkozy. E il figlio di Platini, avvocato, dal 2011 lavora per il gruppo del Qatar che è proprietario del Paris Saint Germain.

Il potere di Blatter si fonda sui soldi, sulla ricchezza che ha portato alla Fifa con il marketing sportivo e la vendita dei diritti tv, grazie al sodalizio d’affari con Horst Dassler, erede del fondatore dell'Adidas. Blatter è stato eletto segretario generale della Fifa nel 1981, sostenuto dal padrone dell’Adidas.

Nel 2001 Blatter si trovò di fronte al fallimento della Isl, la chiacchierata società (svizzera, ovviamente) che commercializzava diritti sportivi per la Fifa. Blatter evitò il buco nei conti cartolarizzando i crediti per i diritti commerciali e tv del mondiale del 2002. A prendersene carico, per il 2002 e anche per il 2006, è stata la Infront, società svizzera dall’azionariato misterioso. I conti di Blatter con i 2,1 miliardi garantiti da Infront erano salvi. Nel 2006 al vertice della Infront è arrivato Philippe Blatter, nipote del presidente Fifa.

La Infront nel 2011 è stata venduta da tre soci svizzeri al fondo britannico Bridgepoint, per 600 milioni. Tre mesi fa è stata comprata per 1,05 miliardi di euro dal gruppo cinese Wanda del miliardario Wang Jianlin. La Infront ha continuato a lavorare per la Fifa fino ai mondiali in Brasile del 2014, in Italia - guidata dall’ex Fininvest Marco Bogarelli - è l’advisor della Lega per vendere i diritti tv della serie A. Alla guida del gruppo Infront c’è sempre il nipote di Blatter. E il velo di mistero su chi fossero i veri proprietari di Infront non si è mai alzato.

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