Il brutto della democrazia, perché anche la democrazia qualche punto debole ce l’ha, è che la forza dei numeri spesso travalica il limite del buon senso e del buon gusto. Questo accade quando qualcuno, in barba alla democrazia stessa, riesce a controllare i numeri fino a volgerli a proprio favore.
La rielezione del giovane e rampante 79enne Joseph Blatter alla presidenza della Fifa, il massimo organismo di governo del calcio mondiale, ne è un esempio tristemente lampante. Con la federazione da lui presieduta traballante sotto i colpi dello scandalo più clamoroso che questo sport ricordi, con i suoi più diretti riporti chiamati a rispondere per aver intascato mazzette multimilionarie negli ultimi vent’anni (più o meno il regno di Re Joseph) e con la maggior parte delle voci che contano nel mondo del pallone a chiedergli di fare un passo indietro, Blatter si è affidato, appunto, alla democrazia. O per meglio dire alla forza dei numeri che è capace di rendere imperfetta una soluzione, come quella democratica, che dovrebbe essere sempre e comunque la migliore. Per definizione.
Blatter ha trovato il modo di fare l’imperatore grazie a voti e non per diritto divino. Lo ha trovato spargendo a piene mani elargizioni alle federazioni minori, che contano pochissimo per il calcio giocato: ma che improvvisamente si spostano dai margini al centro dell’attenzione quando si tratta di eleggere il presidente, perché il loro voto vale tanto quanto quello dei giganti di questo sport. E Joseph Blatter, questa maggioranza silenziosa fino al momento chiave del Congresso Fifa, ha saputo coltivarla e renderla una compagine a lui fedele attraverso una paziente costruzione iniziata fin dagli anni 90.
Nel suo discorso iniziale di questa mattina, all’Hallenstadion di Zurigo, Blatter ha ribadito la sua totale estraneità alla vicenda delle tangenti. Ha detto che «gli accusati, se si dimostrerà che sono colpevoli, sono individui, non l’organizzazione nel suo complesso». Che le federazioni devono «serrare le fila».
Ha fatto appello «all’unità e allo spirito di squadra per poter andare avanti tutti insieme. Non sarà facile - ha detto - ma è per questo che siamo qui oggi, per risolvere questi problemi. Unitevi a noi nel rimettere la Fifa sui giusti binari, quelli in cui le barche smetteranno di oscillare e procederanno tranquille in porto». Poi il colpo finale: ««La Fifa non è più un club, è una ditta. Voi, le federazioni nazionali, ne siete gli azionisti e i proprietari. Aggiustiamo i danni insieme e cominciamo subito a farlo».
Da lì in avanti si è entrati nella logica dei numeri, quei numeri coltivati con mille attenzioni dal un giovane e rampante 79enne signore svizzero che guida il calcio mondiale dal 1998 e che continuerà a farlo fino a quando ne avrà voglia. Perchè alla fine, come Joseph Blatter sa benissimo, in democrazia contano i numeri, e averli in pugno significa poter piegare oppositori, logica e buon gusto. Come infatti è puntualmente accaduto.
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