Mondo

Nel cuore di Bruxelles nasce un polo di cohousing per migranti

  • Abbonati
  • Accedi
il progetto

Nel cuore di Bruxelles nasce un polo di cohousing per migranti

Una casa per rifugiati, migranti Ue e cittadini di Bruxelles, sta prendendo piede in una traversa di Avenue Louise, la via delle boutiques nel cuore della capitale europea. Entro il 2016 sorgerà un polo economico, culturale, spirituale, al piano terra si avranno delle sale suddivise per confessioni religiose, in una potranno pregare i musulmani, nell'altra i cattolici, una sala per la meditazione e così via. Un edificio di 2mila metri quadrati , che potrà accogliere, per un massimo di sei mesi, 50 rifugiati e altre 30 persone tra volontari, stagisti, lavoratori che vogliano condividere storie, esperienze tra rifugiati, migranti e cittadini di Bruxelles che, come sostiene la fondazione Josefa , ideatrice di questo particolare progetto di cohousing , sono, saranno o sono stati comunque tutti migranti. Difficile comprendere il concetto di “expat” con cui migranti Ue ed europei spesso preferiscono definirsi evitando di utilizzare la parola migrante, come se fosse legata ad un accezione negativa. Mentre lo stesso Elio Di Rupo , ex premier belga, ha recentemente affermato, intervenendo al Congresso PSE: «Sono figlio di migranti italiani. I miei genitori arrivarono in Belgio senza sapere nulla di quel paese, ma non per questo erano terroristi, erano solo persone che fuggivano dalla miseria».

«Si può parlare piuttosto di migrazioni forzate dalle guerre, persecuzioni o non forzate, per motivi economici, povertà, fame. Ma tutti siamo migranti con un destino comune, quello di un'umanità in cammino»: così afferma Gilbert Granjon co-fondatore di Josefa Foundation insieme alla moglie Annabelle Rogi-Granjon, che ha lavorato per venti anni nell'UNHCR. Lo staff comprende un team di esperti nell'immigrazione e di persone impegnate in organizzazioni internazionali come ad esempio l'OIM, Organizzazione internazionale per le migrazioni. Ci saranno degli investitori e finanziatori privati, i residenti di questa singolare coabitazione parteciperanno alle spese, ci saranno due livelli contribuzione: uno inferiore per i rifugiati ed uno più elevato per tutti gli altri.

I rifugiati e sfollati nel mondo, secondo stime dell'UNHCR sono oltre 50 milioni, mentre nel 2012 erano 15 milioni e 400mila , residenti in Belgio se ne registrano nello stesso anno 22.024, secondo un recente reportage del quotidiano economico belga l'Echo , sono più di 100 al giorno le domande d'asilo in Belgio. Il 60% degli abitanti di Bruxelles è di origine belga, il 25,3 % ha origini straniere ma per il 14,5% è difficile stabilire la nazionalità di origine. I belgi hanno un tasso di occupazione del 74 % e di attività del 79%, per le persone provenienti da altri paesi questi valori si riducono di almeno 20 punti.

«A Bruxelles c'è il mondo, ci sono diverse comunità Ue e di altri continenti, l'immigrazione forzata è un ponte tra le diversità e le comunità, c'è bisogno di un approccio intellettuale e anche culturale, i cittadini devono vivere insieme, ciò ha un impatto anche sull'economia», afferma Gilbert Granjon. Josefa Foundation preferisce utilizzare il termine inclusione rispetto alla parola integrazione, che trova più dinamico e rispettoso della libertà, responsabilità e dignità della persona: l'inclusione sociale intesa come il sentimento di una persona che decide di partecipare pienamente e in maniera sostenibile al vivere insieme nel rispetto dei diritti e doveri offerti dalla società ospitante. Per questo anche simbolicamente, la casa è il punto chiave per un'inclusione efficace.

© Riproduzione riservata