L'ombra dei controlli di capitali, così come avvenne a Cipro nel 2013, aleggia pesantemente su Atene. Quattro miliardi di euro nell'ultima settimana, di cui 1,2 miliardi solo ieri, secondo Reuters, sono stati ritirati dai conti correnti greci, senza clamore e con code ordinate davanti ai bancomat delle maggiori banche della capitale:Eurobank Ergasias, Banca nazionale di Grecia, Piraeus Bank e Alpha bank. Cifre che segnano burrasca di fronte ai 200-300 milioni di euro al giorno di media di ritiri dai conti correnti delle ultime settimane.
Così i depositi bancari sono crollati ( ma attenzione non sono dati ufficiali), ai minimi da oltre 10 anni in Grecia: a 125 miliardi di euro si stima dai 133 miliardi di euro di aprile, e a 160 di dicembre scorso dai 239 miliardi di dicembre 2009. Basandosi su alcune indiscrezioni raccolte durante l'ultimo meeting dell'Eurogruppo a Lussemburgo, secondo cui Benoît Coeuré, membro francese del Board della Bce, avrebbe speculato sulla ipotesi che le banche greche potrebbero non aprire lunedì, nel giorno del vertice straordinario europeo, molti greci si sono chiesti se gli istituti ellenici apriranno o meno gli sportelli a inizio settimana prossima.
Ipotesi di chiusura seccamente smentita da Yanis Varoufakis, ministro delle Finanze del governo ateniese mentre il premier Alexis Tsipras ha fatto sapere di non aver gradito l'allarme sulla necessità di fare in fretta a trovare un accordo, lanciato da Yannis Stournaras, governatore greco, nonché ex ministro delle Finanze del precedente governo conservatore di Samaras. Le banche greche, oltre che sui depositi, possono contare solo sui fondi Ela (Emergency liquidity assistance) gestiti dalla Bce su richiesta della Banca centrale di Grecia. Intanto nel Paese mediterraneo è sempre più corsa silenziosa agli sportelli per il timore di un default a fine mese e di un possibile Grexit, l'uscita di Atene dall'euro. Fa paura l'incertezza sulla possibilità o meno di un accordo con i creditori internazionali per la concessione dell'ultima tranche da 7,2 miliardi di euro del secondo piano di salvataggio la cui proroga scade a fine giugno. Ma si teme anche per la futura permanenza del Paese nell'euro e per le ipotesi di misure alla “cipriota” che potrebbero prendere di mira proprio i conti bancari, bloccando come avvenne a marzo 2013 a Cipro i movimenti di capitale.
I piccoli risparmiatori temono sia i controlli di capitale sia l'introduzione graduale di forme di pagamento surrettizie (gli IOU, dei pagherò emessi dallo Stato) che potrebbero portare alla dracma con una possibile svalutazione del 40% della nuova moneta se non ci dovesse essere un accordo con i creditori. Molti pensano anche alla possibilità di un'intesa-ponte, che possa traghettare il paese fino all'autunno prossimo e lì trovare finalmente una soluzione definitiva alla crisi. Ad aprile, secondo i dati della Banca di Grecia, l'ammontare totale dei depositi detenuto da imprese e famiglie si era ridotto a 133,6, e, ora si parla di 127 miliardi di euro. Si tratta del valore più basso dal dicembre del 2004. Dati che mostrano come la fuga di capitali, tra altri e bassi, non si sia mai davvero arrestata.
All'inizio della crisi nel 2009 le banche avevano 240 miliardi di euro di depositi. A questo punto gli istituti di credito sono sotto pressione e contano solo sulla liquidità della Bce attraverso l'Ela, un canale di emergenza continuamente rivisto ogni settimana dal board di Francoforte. L'introduzione dei controlli sui capitali sarebbe un colpo al cuore per la promettente stagione turistica che vede milioni di visitatori già in rampa di lancio per le isole greche. Il turismo, insieme ai noli marittimi, è un settore fondamentale del paese, che pesa quasi per il 17% del Pil ellenico che nel frattempo ha perso il 25% del suo valore a causa della cura d'austerità.
In un clima sempre più incandescentead Atene, va segnalata, la smentita del ministro greco per la Ricostruzione, l'Ambiente e l'Energia Panagiotis Lafazanis, leader dell'ala sinistra di Syriza, di «notizie allarmistiche» secondo cui egli avrebbe incaricato la compagnia Hellenic Petroleum (Elpe) di preparare un piano d'emergenza per garantire le forniture di petrolio del Paese per nove mesi in caso la Grecia fosse costretta ad uscire dall'euro. Lafazanis ha sostenuto che la Elpe ha già una politica di pianificazione e di mantenimento per le riserve di petrolio come previsto dalla Ue. Tutto il resto, ha aggiunto, è «teso a terrorizzare il popolo greco» e serve solo «intenzioni inaccettabili».
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