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Obama apre alle trattative sugli ostaggi. Ma i critici accusano: non…

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l’iniziativa della casa bianca

Obama apre alle trattative sugli ostaggi. Ma i critici accusano: non basta

New York – Barack Obama annnucia oggi la svolta di “policy” sugli ostaggi americani, un cambio che se non è radicale vuol essere però significativo. Che intende cancellare del tutto la minaccia che finora incombeva sulle famiglie dei prigionieri impegnate a tentare di pagare un riscatto. E che consente esplicitamente a Washington stessa di comunicare e negoziare per il rilascio di chi è stato catturato oppure di aiutare gli sforzi dei familiari di ottenerne la liberazione, pur mantenendo fermo il divieto a “concessioni sostanziali” o a pagamenti da parte del governo.

La nuova flessibilità e le chiarificazioni, affidate a una direttiva e ad un ordine esecutivo firmati dal presidente Barack Obama, erano da tempo in preparazione in risposta alle dure polemiche e alla confusione, spesso tragica, scoppiate nella politica statunitense per la gestione delle crisi degli ostaggi. I parenti delle vittime hanno ripetutamente denunciato di aver ricevuto messaggi contradditori dal governo, con lo spettro di essere denunciati dal Dipartimento di Stato mentre l'Fbi li assisteva nel completare transazioni finanziarie destinate al versamento di un riscatto.

La madre di James Foley, decapitato da Isis lo scorso agosto, aveva definito “orribile e imbarazzante” il comportamento delle autorità durante l'odissea del figlio. “Ci trattavano come fossimo una scocciatura”, aveva dichiarato Diane Foley. E Elaine Weinstein, moglie di Warren Weinstein, ucciso in aprile mentre era in mano ad Al Qaeda da droni statunitensi assieme all'italiano Giovanni Lo Porto, aveva affermato di “non aver ricevuto l'aiuto coordinato che chi serve il Paese all'estero merita”.

La policy statunitense sugli ostaggi, nell'insieme, è stata spesso quella di tollerare informalmente gli sforzi delle famiglie di salvare i loro cari, anche se questi potevano essere tecnicamente illegali. Ma la situazione ha generato gravi tensioni dentro la stessa amministrazione. Obama intende ora rettificare la strategia, offrendo linee guida che non siano più ambigue. Nel mettere a punto la riforma, l'amministrazione ha reso noto di aver interpellto e ascoltato numerosi ex ostagggi e familiari di vittime, conducendo oltre 40 interviste.

La Casa Bianca, oltre a ridefinire la policy, ha anche riorganizzato le responsabilità interne per affrontare il dramma degli ostaggi. Ha ordinato la nascita di una Hostage Recovery Fusion Cell, un organismo a tempo pieno che avrà il compito di coordinare il lavoro di diversi ministeri e autorità nel rispondere alle crisi. Sarà guidato da un direttore che dovrebbe essere scelto tra i ranghi dell'Fbi, l'agenzia dove il nuovo ufficio avrà sede, e coadiuvato da due alti funzionari del Dipartimento di Stato e del Pentagono. Altri due incarichi saranno rapidamente creati: un coordinatore per le famiglie, incaricato di tenere i rapporti con i parenti delle vittime dei rapimenti. E, nel Dipartimento di Stato, verrà nominato un diplomatico dedito a persguire una soluzione delle crisi.

Le critiche alla riforma però non sono mancate, denunciando che il cambiamento potrebbe essere insufficiente. Elaine Weinstein ha fatto sapere che sarebbe stato preferibile creare una nuova posizione con responsabilità per le crisi degli ostaggi all'interno del National Security Council, vale a dire più vicina al presidente, piuttosto che all'interno dell'Fbi. E anche il deputato repubblicano Duncan Hunter, tra i grandi promotori della revisione della policy, ha tacciato l'intervento della Casa Bianca come puramente “cosmetico”.

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