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Tra i greci in coda ai bancomat: «Vogliamo restare nell’euro ma…

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LE TESTIMONIANZE

Tra i greci in coda ai bancomat: «Vogliamo restare nell’euro ma non umiliateci»

ATENE - Un popolo già provato da anni di austerity per la prima volta si trova a dover fare i conti con la chiusura delle banche. I greci accolgono i nuovi limiti al movimento di capitali con un misto di incredulità e rassegnazione.

Vassilis, 38 anni, che trasporta pizze express su una motoretta scassata e rumorosa per le vie della capitale greca, dice che è il terzo bancomat dove cerca di ritirare i 60 euro giornalieri, altrimenti «dovrò fare la dieta», scherza.

«Ci terranno in waterboarding finanziario, (un tentato soffocamento con l’acqua, instile Guantanamo, ndr) per una settimana - dice Yorgos, impiegato pubblico - sperando che votiamo sì al referendum di domenica e ci pieghiamo alle richieste dei creditori. Io comunque voglio restare nell'euro e voterò sì, ma con dignità e senza essere umiliato».

Maria, invece, 35 anni, con due bambini piccoli al seguito, dato che le vacanze nelle isole non le fa più da cinque anni, ha ritirato diligentemente i suoi 60 euro in tre banconote da venti ciascuna, e si dirige al mini-market Carrefour di Kolonnaki, un quartiere bene di Atene, dove userà il bancomat per pagare la spesa. «Mi hanno detto che per i pagamenti interni non c'è nessun limite, continuano a valere i limiti di spesa personali. Sta a vedere che hanno messo in piedi tutta questa storia per limitare l'uso del contante e far pagare le tasse a tutti i commercianti».

In effetti è così. I pagamenti con le carte in teoria non hanno limitazioni. E neppure i bonifici interni. Il problema sono i trasferimenti verso l’estero, che non si possono fare, a meno che non si tratti di rate per pagare università straniere.

Proviamo, quindi, a chiedere se accettano nel mini-market la carta di credito: prima vogliono però vedere la carta e poi rispondono affermativamente. Loucas, avvocato d'affari, 40 anni, in coda per ritirare il contante, mi spiega tranquillo e sereno a pochi passi dal ministero delle Finanze, che alcuni piccoli commercianti non accettano pagamenti con carte di credito perché temono che poi la banca gli limiti l'accesso al loro conto corrente.

Così chiedono solo cash per essere sicuri di pagare i fornitori e i dipendenti, ma è solo una situazione di confusione transitoria. Al Mc Donald’s di Piazza Syntagma, pochi passi più in là, invece, accettano un pagamento con carta di credito anche per un menu Mac da 4,50 euro senza batter ciglio.

Yanis, gestore di un albergo con bar annesso, mostra il cassetto con pochi spiccioli e dice che il problema è la liquidità che sta svanendo. Questa mossa ha, almeno per il momento, ridotto i consumi. «Sono preoccupato per la stagione turistica, non vorrei che queste misure possano far disdire qualche prenotazione dal Nord Europa. Se l'euro perde poco oggi, per noi è finita. Oggi sono i mercati che votano per noi. Se la Grexit non fa paura per il governo greco è la resa e dobbiamo chinare la testa accettando tutto pur di restare nell’euro».

Giorgos, aria da intellettuale, afferra le sue tre banconote dal bancomat e poi mi invita a leggere il libro più venduto del momento in Grecia: Michael Ignatou, un giornalista basato in America di origine greca, che ha scritto un best seller: «Troika, la via verso la catastrofe». Un titolo che non ha bisogno di molti commenti. «Se arriviamo vivi al referendum, voterò sì, ma l'Europa deve smettere di trattarci come figliastri».

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