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Il realismo che manca sul nodo del debito

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l’analisi

Il realismo che manca sul nodo del debito

Dalle dieci slides pubblicate domenica dalla Commissione europea per rendere pubbliche le richieste formulate al Governo greco ne manca una. La più importante, probabilmente avrebbe dovuto essere la prima. È la slide in cui la troika si sarebbe dovuta impegnare a cancellare una parte consistente di quei 350 miliardi di debito che stanno schiacciando l’economia del Paese e che rischiano di mettere a repentaglio l’intero progetto europeo.

Questo è il nodo vero su cui si è incagliato il negoziato: il debito. Lo aveva già riconosciuto dieci giorni fa il capo economista del Fondo monetario, Olivier Blanchard, definendolo un «trade off», uno scambio con le riforme. Lo ha ripetuto ieri il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, forse fuori tempo massimo e comunque rinviando la discussione all’autunno. È alla ricerca della “prova inconfutabile” che il governo greco è intenzionato davvero a fare le riforme. E non gli si può dar torto, visto l’atteggiamento negoziale tenuto da Alexis Tsipras e dai suoi ministri. Tsipras, invece, ha chiesto di invertire l’ordine temporale, per portare a casa il trofeo dell’haircut e poter chiedere agli elettori di sopportare i sacrifici imposti dalla troika. È il tentativo di mascherare una perdita di sovranità ineluttabile per un Paese così indebitato. Anche questo è comprensibile.

Ciò che invece non è comprensibile all’uomo comune europeo, cittadino ed elettore, è l’assoluta incapacità della politica di trovare - in mesi di negoziati - un punto di incontro, un compromesso, nella consapevolezza reciproca che i creditori e i loro contribuenti non possono continuare a versare risorse «in un secchio bucato» - come è stato definito il bilancio di Atene - ma che allo stesso tempo l’austerity imposta in questi anni ai greci non ha funzionato e il rapporto debito/Pil ha continuato a crescere in modo inesorabile.

Senza scomodare Bismarck (guarda il caso, un tedesco) si è dimenticato che la politica è l’arte del possibile, soprattutto in una Unione giovane, cresciuta troppo in fretta e perciò gracile. E inesperta. Il dubbio, fondato, è che sin dall’inizio ci sia stata da una parte e dall’altra la volontà di arrivare al punto di rottura, spinti anche da profonde divergenze ideologiche.

L’esposizione dei creditori nei confronti della Grecia è destinata ad aumentare e solo un bambino ingenuo può illudersi che l’ennesimo piano lacrime-e-sangue consenta di recuperare tutti i quattrini da un debitore nelle condizioni della Grecia. Tanto vale prenderne atto, prima possibile e con una buona dose di realismo, per cercare una via d’uscita che metta al primo posto l’interesse comune dell’Unione monetaria e, forse, dell’Europa. È ancora possibile evitare di infliggere umiliazioni troppo pesanti ai greci e ulteriori perdite ai creditori.

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