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Carinzia Valley, dove ti aiutano se vuoi fare impresa (e le tasse sono al 25%)

La Carinzia, regione più meridionale dell’Austria di laghi, verde e montagne, offre una lunga serie di vantaggi alle aziende italiane che vogliono investire o espandersi all’estero. Vantaggi fiscali, innanzitutto.

La tassazione sugli utili d’impresa (Irpeg/Ires) dal 2004 è al 25 per cento. Non c’è l’Irap. Non esistono gli studi di settore. E c’è una maggiore deducibilità dei costi produttivi. Oltre a una lunga serie di contributi regionali per gli investimenti aziendali che arrivano fino al 20% per industria e artigianato, al 10% per le start up e le microimprese giovanili e addirittura fino al 50% del totale per gli investimenti in ricerca e sviluppo. Un clima favorevole al business che ha mutato in pochissimi anni il volto di questa regione alpina, nel cuore dell’Europa, a due passi dall’Italia. Trasformandola in una sorta di Carinzia-valley con una concentrazione di aziende hi-tech ad alta specializzazione produttiva.

Gli incentivi e i vantaggi non sono solo fiscali. I prezzi immobiliari sono bassi. Nei parchi industriali, che sorgono vicino agli aeroporti e alle autostrade il costo medio per acquistare uno spazio è di 25euro al metro quadro, molto più bassi rispetto all’Italia e alle altre regioni austriache. Il prezzo dell’energia è inferiore rispetto all’Italia per una percentuale che va dal -30 al -50 per cento in media. I tempi della burocrazia sono un altro capitolo completamente diverso da quello del nostro paese. Per ottenere una concessione edilizia di un sito produttivo ci vogliono dai 15 ai 30 giorni. Per un’autorizzazione di una nuova attività industriale ci vogliono 80 giorni. Per aprire un negozio e avere una licenza commerciale, bisogna aspettare appena un giorno. Tutto questo in un quadro di stabilità politica e normativa da Nord Europa. Con un diritto del lavoro flessibile (si può licenziare senza giusta causa, ma di solito qui si assume e non si licenzia, con tassi occupazionali molto elevati). Con bassissimi livelli di criminalità e una alta qualità della vita.

«Negli ultimi dieci anni - spiega Sabrina Schutz-Oberlander, amministratrice delegata dell’Entiwicklungsagentur (Eak), l’Agenzia per lo sviluppo economico regionale - abbiamo speso molto per creare infrastrutture, parchi tecnologici e industriali, centri di Ricerca e sviluppo. I risultati cominciano a vedersi. Dal 2003 le aziende straniere che hanno aperto insediamenti industriali in Carinzia sono state circa 300. Di queste, 100 aziende sono italiane, il resto tedesche, slovene e una piccola parte del resto del mondo. Con 4.500 nuovi posti di lavoro creati nella nostra regione».

Ci sono tante imprese di livello internazionale, come la Infineon che qui da lavoro a 3mila persone e fattura 5 miliardi all’anno producendo i microchip che fanno andare le automobili, quelli contenuti nei passaporti elettronici e nelle carte di credito, la Flextronics e la Lam Resarch. «C’è stata una strategia politica chiara, ma abbiamo avuto anche fortuna - racconta Christian Benger, che è il ministro regionale dell’Economia, del Turismo e dell’Agricoltura - Molte aziende hi-tech hanno scelto di produrre da noi per tutta una serie di motivi di convenienza economica ma anche per l’alta qualità della vita. Con un’offerta formativa elevata. Non solo per università e poli tecnologici. Ma a partire dai bambini: sono state create delle scuole elementari internazionali per i figli dei lavoratori delle aziende straniere».

L’Agenzia per lo sviluppo economico regionale Eak offre un servizio gratuito di consulenza per chi vuole investire in Carinzia, lungo tutto il percorso. Dalla ricerca della sede, fino alla realizzazione di un insediamento industriale, la ricerca del personale, il coordinamento di tutte le procedure autorizzative, la gestione dei contatti con le aziende,le banche, i professionisti locali, avvocati e commercialisti, e i potenziali fornitori o partner.

La crisi si sente in Carinzia? «Non molto - spiega il ministro regionale - va bene l’Ict, vanno bene le aziende legate alle rinnovabili, le biomasse e il solare con dei campioni che hanno primati produttivi e tecnologici anche negli Stati Uniti. Vanno bene le aziende meccaniche che servono l’industria dell’auto e altre legate alle materie plastiche. I settori che soffrono un po’ sono quelli legati all’export verso l’Italia. Ad esempio il legno nell’edilizia e nelle grandi costruzioni: il settore si è dovuto reiventare cercando nuovi mercati esteri, in attesa che l’edilizia riparta anche in Italia».

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