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Questo articolo è stato pubblicato il 02 luglio 2015 alle ore 17:59.
L'ultima modifica è del 02 luglio 2015 alle ore 18:00.

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Pierre Moscovici, il commissario agli affari economici. (Epa)Pierre Moscovici, il commissario agli affari economici. (Epa)

BRUXELLES – A tre giorni da un incertissimo referendum in Grecia che potrebbe cambiare il futuro dell'unione monetaria, la Commissione europea ha voluto oggi tenere la porta aperta a future trattative con il governo greco, anche nel caso di una vittoria del No. Mentre in alcuni paesi l'eventuale bocciatura delle proposte dei creditori internazionali è ritenuta un primo passo verso l'uscita del paese dalla zona euro, qui a Bruxelles l'obiettivo è di garantire l'integrità dell'unione monetaria.
“Crediamo che il posto della Grecia sia nella zona euro (…) che la Grecia abbia bisogno dell'euro, che dobbiamo garantire l'integrità dell'euro – ha detto oggi Pierre Moscovici, il commissario agli affari economici, in una intervista a un gruppo di giornali europei tra cui Il Sole/24 Ore –. L'euro non è un sistema di cambi fissi, è una moneta unica. Abbiamo un fortissimo interesse politico a che la Grecia rimanga nell'unione monetaria (…) L'incertezza crea rischi e vogliamo evitare questa situazione”.

La presa di posizione giunge dopo che lunedì il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker è intervenuto come non mai nella campagna elettorale, suggerendo ai greci di ignorare il suggerimento contrario del governo Tsipras e di votare a favore delle proposte dei creditori che verrà messo al voto domenica. Con il suo intervento, l'ex premier aveva lasciato intendere che il referendum doveva essere considerato un voto sul futuro di Atene nell'euro.
Moscovici, 57 anni, ha spiegato nell'intervista che “i destini dell'Europa e della Grecia restano legati l'uno all'altro”, e che “dopo il referendum la Grecia, indipendentemente dal risultato del voto, rimarrà parte dell'Europa”. Ciò è vero, ha precisato, “politicamente e culturalmente”. In questo senso, l'ex ministro delle Finanze francese ha fatto notare che gli 11 milioni di cittadini greci stanno pagando un prezzo elevato. “Ecco perché una volta concluso il referendum, bisogna riaprire il dialogo”.

“Non farlo avrebbe conseguenze negative per tutti noi, e disastrose per la Grecia”, ha sottolineato il commissario, ricordando le perduranti difficoltà economiche, finanziarie e strutturali del paese. Moscovici ha ammesso però che una vittoria del Sì faciliterebbe le cose, rispetto a una vittoria del No. La prima eventualità “renderebbe più facile trovare una soluzione”. Il risultato del voto non è “non è neutro per nulla”. Come dire che un successo del No complicherebbe le cose assai.
A una domanda specifica, se dopo una vittoria del No vi sarebbero lunedì nuovi negoziati con la Grecia in vista di un terzo memorandum economico, l'ex ministro delle Finanze francese ha detto di non voler speculare, in attesa dell'esito del voto: “La mia visione è che bisognerà mantenere il dialogo aperto con i greci, indipendentemente dall'esito del referendum (…)

Detto ciò, una vittoria del Sì faciliterebbe le cose perché sarebbe la prova che i greci vogliono rimanere ancorati all'Europa”.
Dopo cinque mesi di trattative, il premier Alexis Tsipras ha deciso una settimana fa di indire un referendum popolare su una serie di proposte presentate dai creditori il 25 giugno scorso. Il governo greco ha suggerito ai greci di votare contro la bozza di accordo. La scelta di indire un voto referendario ha indispettito i partner europei, che avevano previsto questa scelta, tanto più che i negoziati erano ancora in corso. Secondo gli ultimi sondaggi, i No e i Sì a tre giorni dal voto sono testa a testa.

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