FRANCOFORTE - Per i tedeschi è un fiore all’occhiello e il frutto della super-competitività della loro industria. Per il resto del mondo, è un freno alla crescita mondiale e il risultato di un eccesso di risparmio e di una carenza di investimenti. Il surplus delle partite correnti della Germania, che nel 2015 ha raggiunto l’8,5% del prodotto interno lordo dopo il 7,4% del 2014, non dà segno di calare all’inizio del 2016. Anzi, l’attivo commerciale, che ne rappresenta di gran lunga la componente più importante, ha segnato un nuovo record nel mese di marzo. Persino il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ammette che a questi livelli «è sicuramente non sostenibile», anche se spiega il recente aumento soprattutto con la svalutazione dell’euro, che ha favorito l’export, e il forte calo del prezzo del petrolio, che ha ridotto la bolletta delle importazioni.
La questione ha assunto dimensioni tali da produrre un impatto non più solo sulla zona euro, ma sull’economia mondiale.
La Germania, secondo molti conservatori, si comporta non come una grande economia matura, ma come un piccolo Paese emergente, succhiando domanda, e quindi crescita, dai suoi partner commerciali. Al prossimo G-7, alla fine di questa settimana a Sendai, in Giappone, gli Stati Uniti ripeteranno il richiamo all’Europa a fare di più per favorire la crescita mondiale, e questo significa soprattutto la Germania. Il consigliere economico del presidente Barack Obama, Jason Furman, è stato inviato la settimana scorsa in Germania per parlare dell’accordo commerciale Ttip, ma anche per ribadire le pressioni sulle autorità tedesche. L’enorme surplus commerciale, ha detto in un’intervista al quotidiano “Handelblatt”, è «un modello non sostenibile per la Germania in un mondo in cui la domanda rallenta».
Intanto, il Tesoro Usa, pur senza adottare alcuna misura, ha inserito Berlino nel gruppo di Paesi che tiene d’occhio per squilibri che penalizzano la crescita. Anche la Commissione europea, sempre timida nell’affrontare questioni delicate che irritino Berlino, ha preso in mano, con cautela, il dossier dello squilibrio commerciale tedesco. In base alle regole europee, il saldo delle partite correnti dovrebbe stare dentro il 6%, un tetto che la Germania sfora da tempo.
Il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, che a sua volta si trova nel mirino delle critiche tedesche per la sua politica dei tassi d'interesse troppo bassi, ha replicato che questi sono solo un sintomo e che «se esiste un eccesso di
risparmio, i risparmiatori sono in concorrenza fra di loro per trovare qualcuno che ne desideri mutuare i fondi e questo fa scendere i tassi». Il ruolo dell’Asia in questo eccesso di risparmio è stato ben documentato, ha detto Draghi, citando un celebre studio dell’ex presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke, ma anche nell’area euro abbiamo un avanzo delle partite correnti superiore al 3% del Pil, che in Germania supera il 5% da quasi un decennio.
Gli ha fatto eco nei giorni seguenti la missione annuale del Fondo monetario in Germania, secondo cui la crescita di medio periodo del Paese è destinata a calare con l’invecchiamento della popolazione e questo ha portato ad ampi e persistenti surplus di conto corrente aumentando i risparmi e frenando gli investimenti. Il Fondo, come Draghi, suggerisce riforme strutturali che rivitalizzerebbero il potenziale di crescita, rimuovendo dei colli di bottiglia che penalizzano l’economia. Una Germania più dinamica beneficerebbe inoltre la fragile ripresa dell’Eurozona, sostiene l’Fmi. È possibile che il direttore del Fondo, Christine Lagarde, ripeta questa sollecitazione al G-7, dove spetta all’istituzione di Washington introdurre la discussione con il quadro dell’economia mondiale.
L’eccesso di risparmio in Germania è evidente in tutte le sue componenti: risparmiano le famiglie, a scopo precauzionale in vista dell'invecchiamento della popolazione, risparmiano le imprese, che investono poco sia in Germania sia all’estero, risparmia il Governo, il cui bilancio è in leggero surplus e resterà
almeno in pareggio, secondo i piani del ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, il quale al G-7 farà come sempre orecchie da mercante alle sollecitazioni dei suoi colleghi a manovre espansive, fino al 2020. Del resto, il cosiddetto “freno costituzionale” lascia pochi margini per nuovo debito pubblico e la Germania può invocare il recente aumento della spesa pubblica destinata all’accoglienza ai rifugiati. Weidmann ha ricordato che, secondo una simulazione della Bundesbank, anche un aumento degli investimenti pubblici in Germania dell'1% del Pil per due anni non produrrebbe che una crescita aggiuntiva dello 0,2% nel resto dell’Eurozona nel secondo anno.
L’altra contro-argomentazione che le autorità tedesche opporranno al G-7 è che la crescita tedesca appare oggi spinta soprattutto dalla domanda interna. In 7 degli ultimi 9 trimestri, il contributo delle esportazioni nette all’espansione dell’economia è stato negativo.
In ogni caso, secondo Dirk Schumacher, di Goldman Sachs, l'andamento recente sia dell’import sia dell’export tedesco non è anomalo rispetto alle tendenze storiche. «Il surplus delle partite correnti della Germania è destinato a rimanere alto», è la sua conclusione.
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