Mondo

Atene, il giorno più lungo

  • Abbonati
  • Accedi
il referendum in grecia

Atene, il giorno più lungo

Oki, no! Il giorno più lungo, quello dello storico rifiuto alle proposte della Troika, il giorno che potrebbe cambiare le sorti della Grecia e ridisegnare la geografia dell'unione monetaria europea, inizia con una mattina calma e soleggiata. Sono le otto, i raggi del sole ancora tiepidi entrano dalle finestre del seggio 74, allestito in una scuola elementare nel quartiere centrale di Placa, meta frequentata dai turisti. Atene è sospesa in una calma surreale. Ma dove sono i quasi 10 milioni di Greci chiamati ad esprimersi in un referendum cruciale; accettare o meno le nuove condizioni della Troika, bollate dai sostenitori dell'Oxi (il no) come un inaccettabile ricatto? Dove le lunghe file? “Arriveranno più tardi', risponde la giovane scrutatrice che ripercorre le liste elettorali per ingannare la noia.

Sono le 10.30. Il seggio 661 del quartiere Diotika è gremito. Non di elettori, però. Un'armata di giornalisti attende l'arrivo del premier Alexis Tsipras. Quando arriva l'”uomo del No” si scatena la ressa. La camicia candida e inamidata, Alexis trova anche il tempo di scherzare quando, con un certo imbarazzo, fatica piegare quella scheda oggetto di molte critiche per la sua complessità. “Oggi è un giorno di festa, perché la democrazia è una festa” – dichiara sorridente “Perché si può ignorare la decisione di un governo, ma non la decisione di un popolo”. Prima di salire sull'auto aggiunge “Da domani apriamo la strada per tutti i popoli d'Europa. Oggi la democrazia batte la paura”.

Torniamo alla scuola del quartiere Diotika. Sono le 11. Gli elettori cominciano a riempire il cortile. Che siano per il no, o per il sì, sono tutti disponibili e cortesi. Nessuno ha il volto contratto per la tensione, per la preoccupazione di una peggioramento di una crisi già disastrosa nel caso il gruppo dei creditori non gradisse l'esito del voto. Colpisce piuttosto la loro serenità, e quel sorriso, quasi malinconico, di chi si è già rassegnato all'idea di vivere ancora diversi anni di crisi e di durissimi sacrifici. Sanno bene che le scadenze si accumulano le une alle altre. E che tra due settimane andranno in scadenza altri 3,4 miliardi di debito verso la Banca centrale europea (Bce). Astrina Skarpalezou, di professione nutrizionista, accetta di parlare: “Non credo nelle promesse di Tsipras. Ma pensate davvero che, se dovesse vincere il no, farà restare la Grecia nell'euro?” Astrina è un campione rappresentativo del partito del Nai, il sì. Quello dei greci che, pur non condividendo le dure condizioni imposte dalla Troika, sono certi che il successo del no riporterebbe la Grecia alla Dracma. Viky Triantafillou, 40 anni, è un altro efficace campione; quello di chi ha la certezza che votare Oxi significhi restare nell'euro affrancandosi da una posizione di “completa passività” nei confronti dei creditori. “Certo che ho votato no, Io credo in Tsipras. Non possono umiliarci a questo modo e sono convinta che domani avremo un potere negoziale più forte”. Anche il nostro ministro delle finanze Varoufakis - irrompe un elettore - ha detto che l'Unione europea non ha i mezzi legali per espellere la Grecia dall'Euro. E se anche fosse possibile, all'Europa conviene sobbarcarsi quello che voi chiamate un fardello, piuttosto che creare un pericoloso precedente. Perché i prossimi saranno gli spagnoli, e poi voi italiani”. “Io chiedo solo ai creditori di concederci più tempo per pagare i debiti. Lo faremo perché è giusto. Sappiamo che ci attenderanno tempi molto duri, e non per pochi mesi, per diversi anni”, conclude Kastrina.

Alle due del pomeriggio ci spostiamo in piazza Metaxourgiou; alcune persone cercano di prelevare i loro 50 euro giornalieri. Alla domanda se confidano nella riapertura delle banche, annunciata per martedì ,nessuno sa rispondere. Tutti sperano che vengano tolte presto le restrizioni alle transazioni bancarie con l'estero, che hanno paralizzato le importazioni creando gravi problemi a un'economia già in crisi. E che la Bce rifornisca liquidità alle banche greche, ormai al limite.

Alle tre il caldo è soffocante. Ci inerpichiamo su una strada nel quartiere di Kolonachi. Nickolaus Paipetis, avvocato, ci accompagna nel seggio dove voterà. Che sia benestante lo si intuisce non solo dall'abbigliamento, ma anche dal suo ragionamento, “Il sì significa votare per restare nell'euro. Il no per avallare la disastrosa politica di Tsipras, che difende i privilegi del settore pubblico soffocando quello privato. Per rilanciare l'economia dovrebbe avvenire il contrario. Oggi pago il 45% di tasse sulle mie entrate, il 30% in più rispetto al 2009”.

Sono le tre. Spostarsi ad Exharchia significa immergersi in un altro mondo. Nei giardini sul retro della monumentale Accademia due tossicodipendenti si iniettano l'eroina. La polizia, schierata 40 metri più in là, sembra non farci caso La crisi ha portato anche questo, l'aumento del consumo di droghe. Ed è in questo quartiere, dove i graffiti hanno rubato lo spazio ai cartelloni pubblicitari, che nel 2008 gli anarchici diedero il via alla loro violenta contestazione. Qui è facile imbattersi in persone precipitate nel baratro della miseria. La gente del quartiere si è organizzata in comitati popolari per pagare cibo, libri scolastici, farmaci ai meno fortunati. Exharchia è terra dell'Oxi. La storia di Stratula è straziante. Lavoratrice nel settore della tv, rimasta senza lavoro da 5 anni, questa donna bionda mantiene una atteggiamento dignitoso mentre tiene per mano il suo piccolo. “No, voterò no. Votare sì significa consolidare uno status quo disastroso. Anche mio marito ha perso il lavoro e ci manteniamo, quando va bene, con 300 euro al mese grazie a lavori saltuari.

Volevamo avere un altro bimbo, ma non possiamo permettercelo. Non importa se non posso più bere un caffè, e non importa se il cinema è ormai un ricordo, se vesto mio figlio con abiti che ci scambiamo con altre famiglie, se non andiamo in vacanza da cinque anni. Ma andare avanti così non è possibile. Non posso pagare un corso di inglese per mio figlio, non posso fargli praticare alcuno sport. E per fortuna che negli ospedali vicini i dottori lavorano spesso su base volontaria”. All'esterno del seggio le mura sono tappezzate da manifesti dell'Oxi. Un murales ritrae Tsipras come Gesù Cristo, con le palme aperte e un'aureola sul capo. “Perché ho votato no? Siete italiani, dovreste conoscere la risposta”, ironizza Katrina.

Passano le ore. Ed ecco che alle 19 locali nella sala del centro stampa di Zappeion arrivino i primi exit pools. I no sono in vantaggio, anche se lo scarto è marginale. Nella vicina piazza Syntagma affluiscono numerosi i sostenitori di Tsipras. Quando alle 20.30 arrivano i risultati preliminari (60%contro il 40% no con il 12% dei voti scrutinati), la musica è già assordante e le urla di gioia incontenibili. Alle 22.30 con oltre la metà dei voti scrutinata la percentuale resta invariata. La piazza esplode. Canti, balli, lacrime e abbracci. “Una vittoria così non me la aspettavo – confessa Dora, 52 anni , ingegnere civile e ora disoccupata - Troveremo un modo di intenderci con i creditori. E' l'inizio di un nuovo futuro per i miei quattro figli”. E se la reazione della Troika fosse dura, fino a sospendere la liquidità alle banche? “Abbiamo cibo a sufficienza, le banconote non nutrono”, conclude.

Marina Pappa, 24 anni , neo laureanda in filosofia, è una dei tanti giovani che sono risultati determinanti sull'esito del voto. “E' l'inizio di una nuova era. Sono certa che resteremo nell'euro. Siamo europei. Non era giusto indebitarci solo per pagare interessi stratosferici. Non erano veri debiti. E se ci saranno difficoltà per due settimane alla fine Tsipras troverà un accordo. “E' l'inizio di un nuova era”, grida Vassilis, 21 anni, studente. Due fermate di metro più in là un donna con ancora sul petto il simbolo de Sì ha il volto rigato di lacrime. Più che l'inizio di una nuova la sua espressione trasmette la paura per l'inizio di un nuovo e profondo baratro.

© Riproduzione riservata