ATENE - “Le ingiuste condizioni imposte della Troika non hanno nulla a che vedere con i principi e le idee che hanno ispirato la nascita dell'Unione Europea prima, e poi quella dell'Unione monetaria. Votare no è un gesto di dignità”. Nega Thanassis, 60 anni, ha tante certezze e pochi dubbi. Le certezze sono che, comunque andrà a finire, i greci avranno davanti a loro tempi durissimi. Il solo dubbio riguarda l'esito del referendum di oggi. Non sa proprio come andrà a finire”.
Ad Atene si avverte un clima di calma, quasi fosse un giorno normale, silenzioso. Come se la vigilia di un grande evento, capace di segnare solo le sorti della Grecia e forse di tutta l'Eurozona, abbia indotto i cittadini a richiudersi nelle loro case, in attesa. Difficile comprendere se prevarrà il partito del Nai (sì in Grecia) o piuttosto quello dell'Oxi (no) voluto dal governo di Alexei Tsipras. I sondaggi diffusi fino a venerdì segnalano un testa a testa. Se la maggior parte delle persone con cui parliamo sono, apparentemente contrarie, forse è solo per il fatto che chi voterà Oxi non esita ad uscere allo scoperto, a manifestare la sua volontà di cambiamento, di reazione.
Chi opta per accettare le proposte della Troika, invece, preferisce non esporsi, non essere accusato di cedere alla paura. Sono meno visibili, ma comunque tanti. In ognuno dei due gruppi si percepisce una convinzione. Nella parole dei favorevoli all'accordo si intuisce la paura di chi pensa che, in caso prevalgano i no, la Grecia uscirà irrimediabilmente dall'euro. Più di qualcuno ammette quindi di votare obtorto collo, turandosi il naso. Nel partito dei no, invece, sembra radicata la convinzione che la bocciatura delle proposte non riporterà alla Dracma, ma semplicemente a una posizione negoziale più forte nelle prossime trattative –se mai ci saranno - con il gruppo dei creditori. Come ha affermato venerdì sera il premier Alexei Tsipras in piazza Syntagma, gremita per l'occasione. “Vogliamo restare in Europa con dignità», aveva dichiarato davanti ai suoi sostenitori. No, quindi per avere più forza negoziale in vista di quel nuovo accordo che il premier ritiene sicuro e imminente, già forse lunedì.
Ed è proprio in questa piazza dove Nega Thanassis continua il suo ragionamento. Imprenditore di una compagnia che importa materie prime tessili che poi rivende ad altre aziende, precisa: “Da 5-6 anni sono in grandi difficoltà. La crisi mi ha costretto a licenziare due miei impiegati. Non immaginate con quale dolore. Ormai eravamo come una famiglia allargata. E temo che ne perderò un altro, ne resteranno solo due. E ora, a causa del controllo sui capitali (deciso lunedì scorso, ndr) i miei fornitori non mi mandano più le merci, Non si fidano più, e non ho contanti a sufficienza. Il mio timore è che le banche non riapriranno lunedì come annunciato”. Cento metri più in là, Kostas Mallios,40 proprietario di un chiosco che vende bibite e sigarette, appare rassegnato. “Per portare in vacanza i miei due bambini ho dovuto attendere novembre quando c'erano offerte speciali. Temo che non usciremo da questa crisi. Il no mi sembra la risposta più sensata”
“No, no e poi no” - tuona Kiota Kodastanu, originaria dell'isola di Corfu' - Preferisco tornare alla dracma piuttosto che essere umiliata in questo modo”
Nel suo fluente inglese una giovane donna elegante accetta di parlare a condizione di non rivelare il suo nome. La sua posizione, funzionario in organismo internazionale, non glielo consente. “Con la testa voto sì, ma con il cuore no. Perché se la ragione mi impone di accettare le proposte, di restare in Europa, di provare a risalire faticosamente la china, quando ascolto le mie emozioni, dalla pancia sale una sensazione di rabbia, come un rigurgito, per l'umiliazione e i pesantissimi sacrifici a cui è stato sottoposto il popolo greco. Ma in queste situazioni difficili occorre agire con la testa e non lasciarsi prendere dalle emozioni Spero che i greci facciano altrettanto e votino sì”.
Con pazienza la gente attende il proprio turno in fila ai bancomat per prelevare i 50 euro giornalieri. Anche Zina dottoressa specializzata in nefrologia. Voterà sì. A differenza di altri è ben informata. E' al corrente del crollo del Pil degli ultimi anni, pari al 25%, del debito ormai al 180% del Prodotto interno lordo, della crescente e pericolosa deflazione. E non è d'accordo che siano tutti mali partoriti dalle misure di austerità che, secondo i sostenitori del no, inghiotte ogni possibile germoglio di crescita. “Io desidero che la Grecia risolva i suoi problemi e resti in Europa, anche a costo di grandi sacrifici. Voterò sì. In questa situazione è come se fossimo già fuori dall'euro. Occorre rimediare alle ingiustizie compiute dai nostri governi precedenti e assumerci le nostre responsabilità”.
Più istintiva la risposta di .Alexander Kolaittydis, 53 anni, proprietario di una compagnia di autobus non ha dubbi. “Voglio stare in Europa. Perché fuori dall'Europa non c'è futuro. Diventeremmo il Venezuela del Mediterraneo. Certo che voterò sì”
In un'altra coda davanti a un bancomat Yota, 36 anni impiegata di una compagnia farmaceutica, fa parte di quel gruppo di indecisi (secondo i sondaggi circa l'11%) che domani saranno l'ago della bilancia. “Non riesco più a comprendere chi dice la verità. So soltanto che con le restrizioni bancarie non riesco più a pagare l'affitto. E temo di perdere il lavoro. Forse voterò sì. Vedremo domani”
E' la paura, infatti, che potrebbe spingere gli indecisi a votare sì, a non dover più restare senza contanti. Non pochi temono che il cuscinetto di liquidità rimasto a disposizione delle banche greche – un miliardo di euro, alcune fonti sostengono la metà – si esaurisca lunedì. E poi, come ha ribadito nei giorni scorsi Louka Katseli, il direttore generale dell'Associazione bancaria greca, tutto dipenderà dalle decisioni della Banca centrale europea.
Dimitris, impiegato in un hotel alla reception è deciso “Non ho votato per Tsipras, e credo che non lo voterò alle prossime elezioni. Ma condivido la sua linea. Se diciamo sì alle proposte della Troika significa accettare passivamente ogni politica e ritrovarci al punto di oggi tra tre mesi. Io per tutelarmi ho fatto incetta di acquisti al supermercato; inclusi pasta, riso, scatolame”.
Probabilmente le paure di Dimitris sono immotivate. Perché se è vero che su alcune isole gli scaffali dei supermercati cominciano a svuotarsi a causa delle difficoltà di approvvigionamento dovute al controllo sui capitali, nella capitale le situazione è più rassicurante. Al supermercato Veropulos Spar, all'angolo di piazza Metaxourgeiou, gli scaffali sono colmi di ogni genere di merce, a mancare sono , piuttosto, i clienti “La gente ha ancora soldi. Ma ha paura di spendere. Il nostro business ha subito un'ulteriore flessione da quando le banche sono state chiuse”, precisa Fiori Betsi, 23 anni, impiegata in un negozio che prepara anche piatti caldi da asporto “Comunque vada, peggio di così non potrebbe andare. Ho votato per Tsipras e voterò no al referendum”. Prima o poi le merci mancheranno anche qui, sussurra una cassiera di un altro supermercato. “Voterò sì. Siamo divisi sul referendum ma accomunati dalla stessa paura. Comunque vada avremo davanti anni di grandissimi sacrifici. Non ce lo meritiamo”
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