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Pronto il prestito-ponte per evitare Grexit

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BRUXELLES

Pronto il prestito-ponte per evitare Grexit

La Commissione europea ha presentato ieri una proposta di prestito-ponte da concedere alla Grecia per evitare il tracollo finanziario, in attesa che venga negoziato il sospirato terzo memorandum di aggiustamento economico. Una decisione potrebbe essere presa oggi dai ministri delle Finanze. Nel frattempo, l’esecutivo comunitario ha presentato sempre ieri un piano di investimenti nel paese mediteranneo pur di rilanciare la crescita economica.
Il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, ha confermato che la proposta comunitaria prevede l’uso di un fondo finanziario dell’Unione europea noto con l’acronimo inglese Efsm. Il prestito sarebbe di tre mesi e per un totale di sette miliardi di euro. Il denaro è indispensabile per evitare il fallimento del paese, che il 20 luglio prossimo deve rimborsare obbligazioni in mano alla Banca centrale europea per circa 4 miliardi di euro.
L’operazione è tanto delicata politicamente, quanto urgente finanziariamente. L’Efsm è un fondo comunitario a Ventotto. Le scelte di esborso sono prese a maggioranza qualificata. La Gran Bretagna rumoreggia. Non vuole aiutare la Grecia, o meglio non vuole subire eventuali perdite. «Stiamo lavorando per proteggere i paesi non membri della zona euro che hanno espresso serie preoccupazioni», ha spiegato Dombrovskis in una conferenza stampa.

Mentre da Londra, si fa la voce grossa, qui a Bruxelles un responsabile inglese ha spiegato che l’obiettivo della Gran Bretagna è di proteggere i contribuenti inglesi e di avere garanzie contro un eventuale fallimento della Grecia. Una delle possibilità, secondo lo stesso Dombrovskis, è di usare come collaterale i profitti generati dalle obbligazioni greche in mano alla Banca centrale europea. Allo studio dei tecnici sono anche altre forme di garanzia, così come altre opzioni di prestiti-ponte.
Altri paesi dell’Unione sono dubbiosi sull’uso dell’Efsm, come la Danimarca, la Svezia, e la Repubblica Ceca. Peraltro, un accordo del dicembre 2010 stabilisce che il fondo non sarebbe più stato usato per crisi finanziarie relative alla zona euro. Questo aspetto può essere risolto, sostenendo senza troppe difficoltà che a rischio non è solo la stabilità finanziaria della Grecia o dell’Unione monetaria, ma anche dell’intera Unione europea.
Un pacchetto da sette miliardi potrebbe permettere alla Grecia di sopravvivere qualche settimana, non di più. Le esigenze finanziarie del paese sono pari a 12 miliardi da qui a metà agosto. Il negoziato su un nuovo memorandum, che dovrebbe cominciare nei prossimi giorni, potrebbe durare tra le due e le quattro settimane. Un allungamento del prestito-ponte non è quindi da escludere. L’Efsm ha una dotazione di 13 miliardi di euro.

Il negoziato è in corso, e l’obiettivo è di trovare un accordo oggi quando dovrebbero riunirsi i ministri delle Finanze in un incontro telefonico. Nel frattempo, sempre ieri, la Commissione ha presentato un piano di investimenti per rilanciare la crescita in Grecia. Il pacchetto da 35 miliardi di euro non è di denaro fresco. Si tratta della parte di fondi europei 2014-2020 già allocati ad Atene, ma Bruxelles ha deciso di accelerarne l’uso e ridurre al minimo la quota di co-finanziamento nazionale.
La commissaria per le politiche regionali Corina Cretu ha spiegato che i fondi strutturali «possono avere un ruolo cruciale per gettare le basi di una uscita della Grecia dalla crisi economica». C’è qui a Bruxelles una malcelata frustrazione nei confronti del governo Tsipras. Gli ultimi sei mesi di negoziato angosciante per ottenere nuovi aiuti finanziari hanno contribuito a un drammatico rallentamento dell’economia dopo che il 2014 era terminato in crescita dello 0,8%.
Tornando ai nuovi aiuti alla Grecia, ieri il Parlamento francese ha approvato l’accordo raggiunto dai creditori della zona euro lunedì mattina. Il pacchetto prevede necessità finanziarie nei prossimi tre anni di 82-86 miliardi di euro. Hanno votato contro i deputati del Front National, del Front de Gauche, così come alcuni ecologisti e parlamentari del partito neogollista Les Républicains. Una volta che il Parlamento greco avrà dato il suo benestare all’intesa, toccherà al Bundestag votare venerdì.

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