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Il debito mondiale vale tre volte il Pil

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squilibri globali

Il debito mondiale vale tre volte il Pil

Vista con gli occhi del signor Li da Pechino o di mister Smith da Los Angeles la crisi del debito di Atene, con quei 315 miliardi di euro che valgono il 180% della ricchezza prodotta ogni anno e che non saranno mai del tutto rimborsati, è poco più che una quisquilia. Gli ordini di grandezza sono talmente siderali da rendere il confronto risibile. La Cina da sola poggia su 28.000 miliardi di dollari di soldi presi a prestito da Governo e privati. E gli Usa sono indebitati complessivamente tra debito pubblico e privato per 2,7 volte il Pil che ogni anno viene generato. Ovvio che detta così ogni paragone è improprio e fuori luogo. Non conta tanto la dimensione assoluta dell'indebitamento ma la sua sostenibilità, cioè la capacità di rimborsare quei prestiti grazie al tono di crescita dell'economia. E qui sanno tutti (da tempo) che la Grecia è sostanzialmente insolvente se non si taglia o si allunga quel debito, mentre nessuno pone dubbi sulla capacità delle prime due economie mondiali di far fronte ai propri debiti.

Ma come non ricordare che la crisi finanziaria globale è proprio nata sulle ceneri dei mutui subprime americani,un gigantesco grumo di prestiti a chi non era in grado di restituirli. E la crisi del debito, che oggi pare superata con fatica, è in realtà sempre lì dietro l'angolo pronta a riaffacciarsi se il ciclo economico globale dovesse di nuovo incepparsi. Possibilità remota certo, ma quel che allarma molti osservatori è che il debito mondiale anziché assopirsi ha corso in questi in questi anni più che mai. I dati dell'ultimo rapporto McKinsey sono eloquenti. Dal 2007 infatti il debito globale mondiale è cresciuto di altri 57mila miliardi di dollari facendo salire il rapporto tra debito e Pil (sempre a livello globale) di 17 punti percentuali. A fine 2014, sette dopo la più grave crisi dal Dopoguerra, il mondo ha cumulato un debito complessivo di 199mila miliardi di dollari, quasi tre volte il valore del Pil globale. La Cina che ha imbastito la sua veloce crescita economica sulla leva finanziaria ha visto, secondo gli analisti di McKinsey, quadriplicato il suo debito negli ultimi sette anni. Metà di tutti i prestiti sono finiti a finanziare il boom immobiliare di Pechino, inondato a piene mani da un sistema bancario ombra (broker di ogni natura, intermediari di ogni che non sottostanno alla vigilanza della Banca centrale) che è cresciuto dal 2007 del 36% all'anno in volume. La tendenza a farsi finanziare a piene mani riguarda tutti i comparti. Il debito delle famiglie è salito a 40mila miliardi con un ritmo annuo dal 2007 del 5,3%; anche le imprese hanno visto prestiti salire del 5,9% annuo con un volume di crediti a 56mila miliardi, poco meno dell'intero Pil mondiale. E i governi non sono stati certo a guardare. Il salvataggio delle banche e le politiche fiscali espansive hanno visto il debito pubblico salire nel mondo a 58mila miliardi (+9,3% annuo dal 2007).

A spingere le economie mondiali ad aumentare la leva finanziaria sono state proprie le politiche monetarie ultra-espansive e i tassi tendenti a zero con cui le Banche centrali hanno evitato il crash finanziario del sistema bancario mondiale. Una cura di iniezioni massive di liquidità che hanno sorretto il mondo sul ciglio del burrone tra il 2008 e il 2009, ma che hanno finito come effetto collaterale a spingere famiglie, imprese e Governi a indebitarsi sempre più. Il costo dei soldi a prestito è talmente infimo che induce a investire a debito. Un circolo virtuoso che ha permesso alle economie mondiali di non collassare, ma che ha in sé i germi della follia finanziaria. Tutto quel debito, più di quello che ha fatto da miccia al deflagrare della crisi, è oggi ancora lì. Una montagna di denaro che andrà restituito. È proprio qui il punto chiave per il futuro. Scampato il crac, le economie si sono riprese, ma a un passo di marcia assai più blando degli anni Novanta-Duemila. Un mondo che cresce piano rispetto al passato ma che ha più debiti di prima, dato che il fardello è aumentato di ben 57mila miliardi, l'intero Pil mondiale dell'anno scorso.

La Cina è l'esempio più eclatante della sbornia da debito. L'altro ieri Standard&Poor's ha lanciato un monito. Per l'agenzia il solo debito delle imprese cinesi è destinato a salire nel 2019 a 28mila miliardi di dollari il 40% di tutti i debiti corporate a livello planetario che dovrebbero attestarsi a 70mila miliardi dai 50mila miliardi del 2014. Per S&P la corsa esplosiva del ritmo del nuovo debito rappresenta un rischio sistemico.
Si dirà che la Cina ha tutte le capacità di rimborsare quei prestiti. Ma c'è un ma. L'economia cinese abituata a crescere a ritmi del 10-12% per lunghi decenni è entrata dal 2010 in una fase di contrazione. Il Pil annuo sale del 7% e le stime dicono che la corsa si stabilizzerà, se niente andrà storto, su questi ritmi per i prossimi anni. Fisiologico per un'economia non più emergente da tempo. Ma se la crescita assume sembianze più contenute, l'aumento esplosivo del debito allargherà la forbice tra debito e Pil. Per ora a compensare il tutto c'è stato l'effetto ricchezza della corsa delle Borse cinesi che mette in ombra l'eccessivo indebitamento. Ma il paradosso è che anche la cavalcata delle Borse è avvenuta a debito. Ecco perché il crash dei listini che ha bruciato in un solo mese 3.900 miliardi di dollari (dieci volte il debito greco), tamponato per ora dalle autorità monetarie, è stato uno scricchiolio inquietante. Si spera che resti tale. Ma anche se Banca centrale e Governo riuscissero a non far deragliare le Borse, quella montagna di debito che continua a salire sarà il nuovo spauracchio da monitorare da vicino nei prossimi anni.