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Turchia, kamikaze dell’Isis si fa esplodere a Suruc: almeno 30…

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al confine con la siria

Turchia, kamikaze dell’Isis si fa esplodere a Suruc: almeno 30 morti

Il terrore dell'Isis supera il confine siriano e fa strage in Turchia, uccidendo 30 persone. A essere colpito è un centro culturale a Suruc, a una decina di chilometri dalla frontiera. Lì, poco prima di mezzogiorno, un attentatore kamikaze si è fatto esplodere proprio in mezzo a un gruppo di attivisti socialisti giunti da Istanbul, Ankara, Smirne e Diyarbakir. Tutti si erano dati appuntamento sul posto prima di una missione di aiuto che fino a domenica li avrebbe condotti nella vicina città curdo-siriana di Kobane, martoriata da mesi di conflitto con l'Isis. Ma uno scoppio violentissimo li ha sorpresi mentre sventolavano striscioni di solidarietà: 23 sono morti sul colpo, gli altri dopo il ricovero in ospedale. I feriti sono quasi un centinaio, una decina in gravi condizioni.

«Le nostre prime indagini indicano che l'attacco suicida è stato commesso dall'Isis», dice a fine giornata il premier turco Ahmet Davutoglu, senza però svelare l'identità del kamikaze. Le autorità turche hanno poi identificato un terrorista in Seyh Abdurrahman Alagoz, studente universitario di 20 anni della provincia meridionale di Adiyaman. Sono tuttora in corso gli esami sui resti di un altro presunto attentatore, che sarebbe una giovane donna. Parlando con il quotidiano Radikal, la madre del giovane attentatore ha spiegato che era andato «all'estero» sei mesi prima e che era rientrato 10 giorni fa, prima di sparire di nuovo. «Non so se si era unito allo Stato islamico, era un bravo ragazzo», ha aggiunto la donna, spiegando che il figlio minore, Yunus, è sparito insieme al fratello.

Al momento dell'esplosione erano circa 300 i presenti nel giardino del centro culturale Amara, tappa quasi obbligata per chi si reca a Kobane, distante appena una trentina di chilometri. Alla popolazione curda i giovani socialisti turchi avrebbero dovuto portare aiuti per la ricostruzione e giocattoli per i bambini, ma la loro missione di solidarietà si è interrotta nel modo più drammatico. Un legame, quello con i curdi siriani, consolidato da tempo: il campo di accoglienza di Suruc è il più grande della Turchia e ospita 35mila rifugiati, la maggior parte fuggiti proprio dal conflitto a Kobane. A rafforzare la pista jihadista è un attentato kamikaze quasi simultaneo avvenuto a Kobane, in un'azione che secondo le prime indagini pare coordinata.

“Questo attacco è diretto contro la pace, la democrazia e la stabilità di tutta la Turchia, e non solo di un gruppo”, ha detto Davutoglu, che ha inviato sul terreno il suo vice e due ministri. In tutta la Turchia manifestanti sono scesi in strada per mostrare la loro solidarietà, mentre in alcune città del sud-est le proteste sono degenerate in scontri con le forze dell'ordine. Parlando dalla parte turca di Cipro, dove era in visita di stato, il presidente Recep Tayyip Erdogan ha condannato questo “atto di terrorismo”. Ma da più parti piovono critiche verso Ankara, giudicata troppo morbida nel contrasto ai jihadisti.

Come nel caso dell'attentato al comizio dell'”Obama curdo” Selahattin Demirtas alla vigilia delle elezioni del sette giugno scorso, che provocò 4 morti. Già sospettato di legami con l'Isis, il presunto responsabile venne rilasciato dalla polizia appena due giorni prima dell'attentato in quello che il ministro dell'Interno turco ha definito solo un atto di “negligenza”.

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