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Usa-Cuba, riaprono le ambasciate

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Usa-Cuba, riaprono le ambasciate

Una bandiera cubana sventola a Washington. Non in un edificio qualsiasi, nella nuova ambasciata dell’Isla grande, nel cuore dell’Impero a stelle e strisce. Proprio così, a casa del Enemigo yankee. La retorica cubana, fatta di temi e stilemi, si dissolve in un giorno di luglio che passerà alla storia.

In queste ore il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodriguez, è a Washington per definire i dettagli e magari sorseggiare un whiskey con il suo omologo John Kerry, che sarà a L’Avana il 14 agosto. Lo smantellamento dell’embargo non sarà cosa semplice, dovrà passare le forche caudine del Congresso americano. Non sono pochi i senatori repubblicani che lo avversano; tra loro Jeb Bush, terzo di una dinastia politica e candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Sul tappeto restano tanti nodi: i diritti umani che Washington chiede a Cuba, ma anche le compensazioni per le proprietà americane confiscate nel 1959 dai rivoluzionari cubani. Non è roba da poco, si parla di 6mila contenziosi per un valore di 7-8miliardi di dollari. Ma la giornata di ieri resta storica.

La partita che si gioca al Congresso sarà complessa ma il ruolo di Barack Obama potrebbe essere determinante. Il presidente americano ha infatti il potere di “svuotare” i contenuti più penalizzanti dell’embargo. L’embargo è stato istituito nel 1962 e rafforzato da altre due leggi americane, Torricelli (1991) e Helms Burton (1995). La Casa Bianca può dribblare il Congresso aumentando il numero e le categorie di americani cui è concesso entrare a Cuba. Il turismo americano a Cuba è uno dei punti chiave. Attualmente vi sono almeno 75mila turisti americani che ogni anno visitano l’Isla grande. Un numero facilmente moltiplicabile da Obama, con un piccola modifica legislativa: incrementare il numero e le categorie di visitatori cui è consentito accedere a Cuba. Ecco, sarebbe un palese aggiramento delle misure in vigore.

Obama potrebbe anche decidere di modificare la politica commerciale verso Cuba: consentire ai cubani di acquistare sui mercati internazionali prodotti con più del 10% di componenti nordamericani, operazione attualmente proibita. E infine potrebbe consentire agli Stati Uniti di importare prodotti da Paesi terzi nella cui produzione siano incorporate materia prime cubane. Infine la questione dei prodotti agricoli. Finora Cuba può acquistarli solo pagando in contanti e in anticipo, senza alcuna possibilità di accedere a linee di credito. Anche qui il presidente Obama potrebbe aggirare l’ostacolo con licenze ministeriali.

A fine maggio John Kerry ha annunciato la cancellazione di Cuba dalla lista nera, il cui ingresso risale al 1982. I Paesi reprobi restano Iran, Siria e Sudan. A L’Avana è stato riconosciuto di non aver promosso e appoggiato il terrorismo. L’isola caraibica ha patito controlli rigorosi nella transazioni commerciali ma il danno più ingente è stato l’isolamento finanziario; ovvero non poter ricevere prestiti da istituzioni finanziarie internazionali come la Banca mondiale. Ora sono possibili. I vincoli hanno finora riguardato anche Paesi latinoamericani con cui Cuba avrebbe potuto mantenere relazioni commerciali di particolare interesse. In sintesi, come spiega Arturo Lopez Levy, docente di relazioni internazionali a Denver ed esperto di questioni latinoamericane, oggi Cuba è vista dagli Stati Uniti come un Paese in transizione e non più un Paese minaccioso.

Un altro grande capitolo, questa volta di politica internazionale regionale, riguarda il Venezuela. La riapertura delle ambasciate di Cuba e Stati Uniti è un tassello di un quadro che raffigura uno scenario nuovo. Stati Uniti e Venezuela, lontano dai grandi riflettori della politica internazionale hanno avviato un dialogo, correlato al disgelo. Molti passi avanti, rispetto allo scorso marzo, sono stati fatti. L’accusa di narcotraffico, mossa dagli Stati Uniti al presidente dell’Assemblea nazionale venezuelana, Diosdado Cabello, ha segnato l’apice della crisi dei rapporti bilaterali. Ad Haiti, in occasione di un vertice sugli aiuti alimentari destinati a Port au Prince, Delcy Rodriguez, ministro degli Esteri di Caracas e proprio Dios Diosdado Cabello hanno incontrato alti rappresentanti della politica americana. E anche a Panama, Obama e Maduro, si sono incontrati, lontano da fotografi e giornalisti. E infine, proprio in questi giorni, due importanti organismi sovranazionali, Osa (Organizzazione degli stati americani) e Unasur lavorano per favorire il dialogo tra Stati Uniti e Venezuela. Che hanno bisogno l’uno dell’altro.

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