Mondo

Intervista a Giuseppe Manzo, ambasciatore d'Italia in Serbia

  • Abbonati
  • Accedi
INTERVISTA

Intervista a Giuseppe Manzo, ambasciatore d'Italia in Serbia

Qual è la percezione dell'Italia e dei prodotti italiani nel Paese in cui operate?

Basterebbero i numeri: da due anni siamo il primo partner commerciale e il primo investitore straniero di Belgrado. Ma il caso della Serbia ci dice molto di più su cosa conta per una efficace azione di promozione dell'Italia, in questo Paese come negli altri potenziali mercati esteri. È il “soft power” dell'Italia che ancora oggi fa la differenza per le oltre 600 nostre imprese presenti in un paese che per decenni ha guardato all'Italia, alla sua cultura come un esempio e al tempo stesso un “passaporto” per il mondo, sin da quando per l'allora Yugoslavia Trieste era “la porta per l'Europa”. Da ambasciatore italiano devi sfruttare al meglio questa variabile essenziale che ci da un vantaggio comparato. Devi metterla a sistema con iniziative che siano trasversali a affari, cultura, sport, intrattenimento. Solo così batti la concorrenza e aiuti le piccole e medie imprese italiane a sopravvivere alla crisi e a crescere sfruttando nuove opportunità, che in Serbia significano soprattutto accesso agevolato a grandi mercati come la Russia. La diplomazia della crescita non è solo una parte del nostro lavoro, è presente in ogni nostra singola attività. Ed è h24. Il nostro lavoro non lo fai solo negoziando accordi o organizzando visite istituzionali. Per accompagnare i nostri imprenditori nella loro via internazionale alla crescita conta il “porta a porta” quotidiano: quello degli innumerevoli incontri tecnici con la burocrazia locale; quello delle decine di iniziative che nel 2014 hanno portato 3.000 persone (politici, imprenditori, giornalisti, artisti) a frequentare l'Ambasciata e la storica Residenza italiana a Belgrado, che si trattasse di un seminario per conoscere le macchine per il gelato italiane o di un convegno sulla responsabilità sociale d'impresa; della proiezione del premio Oscar “La Grande Bellezza” o della nascita dell'Associazione serba di ex Alunni della Bocconi; o ancora dei corsi d'italiano offerti a funzionari di ministeri serbi, in un paese dove l'italiano si è confermato la seconda lingua straniera più studiata dopo l'inglese.

Qual è l'andamento degli scambi e gli obiettivi a breve per acquisire anche con attività promozionali nuove quote di mercato?
I circa 4 miliardi di interscambio con la Serbia sono un dato eccezionale considerate le dimensioni medio-piccole di un paese di 7 milioni di abitanti. In un mercato come questo la diplomazia per la crescita si fa, come dicevo prima, con iniziative che abbiano molta visibilità e “branding” italiani. E naturalmente si fa individuando prima degli altri i settori con maggiori potenzialità. L'operazione Ferrero, che in Serbia produrrà le nocciole per la Nutella, è un caso esemplare che si è chiuso positivamente proprio in queste ultime settimane: abbiamo da tempo individuato l'agroindustria come settore da “attaccare” (quest'anno abbiamo ottenuto che l'Italia fosse ospite d'onore alla principale fiera dell'agricoltura nei Balcani che si tiene in Serbia) e puntato tutto su un marchio campione dell'eccellenza italiana destinato nei prossimi anni a creare un indotto del quale potranno avvantaggiarsi anche piccole e medie imprese italiane dell'indotto.

Quali sono le criticità che gli operatori segnalano in termini di accesso al mercato e per insediamenti di nuovi investimenti?
La Serbia è diventata senz'altro uno degli ambienti più favorevoli per gli investitori italiani. Ciò grazie ad una presenza di grandi gruppi italiani in settori strategici per l'avvio e lo sviluppo di iniziative d'impresa e commerciali: le banche italiane hanno il 25% del mercato serbo quelle assicuratrici oltre il 40%. Il Governo di Belgrado ha varato riforme che favoriscono gli investitori, compresa una nuova legge sul mercato del lavoro. Il problema resta quello di una burocrazia che stenta a liberarsi di logiche e meccanismi lascito del vecchio sistema statalista. Ma anche in questo l'Italia ha un suo ruolo molto avanzato, sostenendo più di altri partner il percorso che la Serbia sta compiendo per adeguarsi e aderire all'Unione Europea.

© Riproduzione riservata