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L’Italia brilla nella gara dell’export (ma perde il confronto…

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COMMERCIO ESTERO

L’Italia brilla nella gara dell’export (ma perde il confronto con la Germania)

I Paesi nel mondo in cui l’export italiano batte quello tedesco? Si contano sulle dita di quattro mani. Mentre nei confronti dei cugini francesi ce la caviamo un po’ meglio, praticamente alla pari. Per fare i conti esatti, basta utilizzare “Export map”, lo strumento interattivo che Sace ha da poco messo a disposizione dei naviganti online (www.sace.it). Fotografa l’export italiano in 150 Paesi al mondo: e soltanto in 20 di questi, ahimé, siamo capaci di battere la concorrenza tedesca.
«Sul fronte dell’export - spiega Alessandro Terzulli, capo economista della Sace - la buona notizia è che con la Francia c’è più partita di quanto potevamo aspettarci. Ma con la Germania ce n’è meno di quanto si potesse sperare». Carta (anzi: mappa interattiva) canta. Tra i mercati di un certo peso, le nostre aziende si sono aggiudicate quote maggiori rispetto alle rivali tedesche soltanto in Tunisia (14,5% la quota dell’Italia sulle importazioni del Paese, 7,2% quella della Germania), Libia (9,4% noi, 6,8% loro), Marocco (5,3 contro 4,8), Libano (8,4 contro 5,9) e Algeria (10,3 contro 5,2).

Proprio quello dell’Algeria è un caso interessante: perché questo buon posizionamento dell’Italia in termini di quote di export fa il paio con il fatto che questo è anche uno dei Paesi a più alto potenziale per le nostre aziende. Lo dice un precedente report Sace, che individua i 39 mercati mondiali più promettenti per le nostre aziende che esportano. Tra questi Best 39, oltre all’Algeria, ci sono altri Paesi cui l’Italia si sta già comportando bene: «In Qatar, per esempio - spiega Terzulli - la quota di export delle aziende italiane è del 5,7%, quasi il doppio di quella delle imprese francesi, ed è anche molto vicina a quella dei tedeschi». Anche in Turchia - seppur mèta d’elezione dell’export teutonico per ragioni di immigrazione - l’Italia non se la cava male: la nostra quota di mercato è al 5%, più del 3,4% della Francia e più del 2,5 della Spagna. Infine l’Egitto: nonostante i tedeschi abbiano una quota del 7,8%, le nostre imprese hanno raggiunto il 4,6% del mercato, superando il 3% della Francia. «E al Cairo - prosegue Terzulli - le potenzialità sono molte, visto che stanno partendo diversi progetti, soprattutto infrastrutturali».

Se queste sono le stellette sulla giacca dell’Italia, quali sono i cucchiai di legno più cocenti, del nostro export? Uno di questi si chiama Cina. Un mercato non certo di poco conto: «Qui la quota delle imprese italiane è decisamente da migliorare: abbiamo solo lo 0,9% del mercato, là dove la Germania ha il 4,8% e la Francia l’1,2%». E su un mercato così immenso, anche solo tre punti percentuali di differenza fanno un ricavo enorme, per le imprese che se lo sono aggiudicato.
Nemmeno gli Stati Uniti, tra i mercati oggi più allettanti per gli esportatori di tutto il mondo, ci vedono tra i più privilegiati: «Pur rappresentando la terza meta più importante delle nostre esportazioni - spiega Terzulli - la nostra quota di mercato qui è solo dell’1,8%, contro il 5,2% della Germania. Significa che abbiamo margini di miglioramento notevoli». Un discorso analogo vale per il Regno Unito, dove la nostra quota di mercato si ferma al 4,1% mentre la Francia ha il 6,3 e la Germania addirittura il 14,5%. Infine l’Arabia Saudita, dove esportiamo meno della metà della Germania (la nostra quota di mercato è del 3,3%). Peccato: secondo Sace, infatti, è proprio questo il mercato a più alto potenziale per il nostro export da qui al 2018.

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