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Dalla casa agli immigrati, i vecchi spartiti dei giovani leader

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politica 2.0

Dalla casa agli immigrati, i vecchi spartiti dei giovani leader

Annunciare la fine della tassa sulla casa rafforzerà la popolarità di Renzi, forse darà anche la spinta ai consumi e quindi alla crescita ma mostra come non ci sia questa gran ventata di aria fresca e idee nuove a Palazzo Chigi. Si preferisce tornare su un grande classico della politica italiana, buono per tutte le stagioni e per tutti i palati elettorali anche se con un’efficacia economica discussa e discutibile.

E dunque passano gli anni, si alternano i Governi, arrivano giovani leader in tutti i partiti e non tanto i temi ma soprattutto le risposte sono sempre le stesse. Lo svecchiamento dei protagonisti non ha portato finora un rinnovamento nella cultura politica e nelle soluzioni. Ha portato modi nuovi, un linguaggio diverso, un coraggio inedito e necessario ma le idee sono sempre le stesse. Sulla crisi dell’economia come sulla questione dell’immigrazione.

E alla fine anche i trentenni e quarantenni che nel 2013 sono arrivati in Parlamento promettendo un ricambio di idee, non fanno che campare sui vecchi spartiti. La giovane generazione del Pd come dei 5 Stelle o della Lega si limita a dare le repliche di quanto già fatto e già disfatto da chi li ha preceduti. Non c’è alcuno sforzo di studio, di elaborazione, nessuna riflessione nuova o approfondimento. Il dibattito pubblico continua a vivere di eterni ritorni di scena come la Tasi, che prima era Ici poi è stata abolita poi ha cambiato nome. O come le pensioni riviste e corrette mille volte inseguendo quello che si insegue oggi, la flessibilità in uscita. Così come il Sud su cui di nuovo si parla solo di credito d’imposta. Anche il Jobs act era già tutto scritto da anni, dai tempi di Marco Biagi e poi di Pietro Ichino. Certo aver fatto davvero la riforma del lavoro è un merito da dare al Governo ma è un merito che va condiviso con l’Europa della Merkel e di Draghi che l’hanno “imposto” all’agenda italiana.

Ora, se in economia alcune vecchie ricette è bene che finalmente diventino realtà, sull’immigrazione il discorso cambia. Perché su questo fronte serve davvero un cambio culturale di fronte a dimensioni migratorie che sono drammaticamente cresciute. Invece il dibattito ristagna sulla questione dei confini e solo su quelli. E dunque il discrimine tra i partiti diventa unicamente su accoglienza o rimpatrio e su questo crinale si presume di trovare una identità di sinistra e una di destra. Di nuovo un vecchio spartito.

Il senso di umanità e solidarietà non ha niente a che fare con l’appartenenza politica così come è una finzione propagandistica dire che i governi di sinistra possono accogliere e quelli di destra respingere. È falso che si possa gestire questa ondata migratoria che continuerà nel tempo con una sola risposta e purtroppo non avendo quello che la Germania ha: uno Stato efficiente e una visione del futuro del Paese. L’Italia non ha uno Stato efficiente e dunque non è in grado né di respingere efficacemente né di accogliere e integrare. E soprattutto non ha visione del futuro visto che nemmeno i giovani leader riescono a spiegare che con un tasso di natalità basso come quello italiano, non ci sarà sostenibilità del sistema produttivo e del welfare senza l’ingresso di immigrati. In Germania il tema della demografia e dello sviluppo economico è alla radice della scelta di accogliere i profughi, in Italia si tratta ancora l’immigrazione come un tempo: come se non fosse una questione economica ma solo di sicurezza o di umanità.