Mondo

Atene alle urne tra stanchezza e disincanto

  • Abbonati
  • Accedi
oggi il voto

Atene alle urne tra stanchezza e disincanto

ATENE - Alla chiusura della campagna elettorale, a Piazza Syntagma di Atene, il cuore politico dell'infinita crisi greca, il premier uscente Alexis Tsipras ha provato a rompere l'isolamento in cui era finito a Bruxelles nella drammatica notte tra il 12 e 13 luglio quando decise di cedere alle richieste dei creditori e accettare il terzo Memorandum di riforme e austerità per evitare l'uscita dall'eurozona. Syriza e Podemos venerdì sera hanno mostrato di voler restare alleati: sul palco a Piazza Syntagma, con Tsipras c'era anche Pablo Iglesias, leader degli spagnoli di Podemos.

Basterà a scaldare i cuori dei sostenitori delusi dalla “kalotoumba”, la capriola in greco, di Tsipras sull'accettazione del piano di austerità dopo l'esito del referendum di luglio? Oggi i ribelli di Syriza sono usciti sbattendo la porta e fondando un nuovo partito di Unità popolare mentre in un'intervista al quotidiano Ta Nea, Tsipras ha ripetuto che l'obiettivo è la «formazione di un governo progressista di sinistra che rinegozi il debito della Grecia». Con chi? Forse con i socialisti del Pasok o forse i centristi di To Potami.
L'ex premier ha difeso la scelta di dimettersi affermando che «è stato un gesto di responsabilità politica e morale». Dopo la fine del negoziato, ha detto, «era una necessità democratica dare ai greci la possibilità di giudicare il risultato che però non si discosta molto dai precedenti Piani di salvataggio fatti di austerità. Syriza ha negoziato duramente, mentre era in corso una guerra economica e politica». Così si è difeso Tsipras. Gli incerti però sfiorano il 40 per cento.
Dei cinque sondaggi pubblicati nelle ultime ore, due vedevano Syriza di poco avanti, due il conservatore Nea Dimokratia, ed uno mostrava un pareggio. Tutti gli osservatori prevedono un governo di coalizione dopo il voto, ma di che tipo nessuno lo sa a causa dell'incertezza sul superamento della soglia del 3% da parte dei Greci indipendenti, ex alleato di governo di Syriza. Dato l'imponente programma economico da applicare in cambio di 86 miliardi di euro di prestiti in tre anni, fatto di aumento delle tasse e riduzione delle pensioni con un Pil in recessione del 2%, i creditori internazionali di Atene auspicano una coalizione molto ampia, e questa è la linea di Vangelis Meimarakis, leader di Nea Dimokratia, una figura di transizione che si è dimostrato più coriaceo di quanto si aspettasse l'ex premier. Tsipras però ha respinto questa proposta, aprendo al massimo a una «coalizione progressista» ancora non ben definita.
«C'è una grande maggioranza di partiti favorevoli al programma europeo di aiuti e alle riforme», ha detto il Commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici. Il commissario ha detto di attendere l'esito delle elezioni «con serenità, quale che sia il governo che ne uscirà, lavoreremo con loro». Che tradotto significa che chiunque vinca deve rispettare i patti.
Secondo gli ultimi rilevamenti, il 36,7% degli elettori ritiene che Tsipras sia più adatto come premier. Evangelos Meimarakis, ex presidente del gruppo parlamentare che in luglio ha assunto la guida ad interim di Nea Dimokratia sostituendo Antonis Samaras, arriva secondo con il 34,4% dei consensi. Ma nell'insieme l'elettorato è stanco: il 63,3% ritiene che in Grecia le «cose vadano nel verso sbagliato», mentre solo il 24,4% vede un miglioramento.
Neanche il duello televisivo fra Alexis Tsipras (che ha chiesto una seconda chance di governo) e quello del partito conservatore Nea Dimokratia, Evangelos Meimarakis (che ha chiesto la fine del braccio di ferro con l'Europa) ha risolto i dubbi degli indecisi. Tsipras si è presentato come il politico che ha lottato per mesi contro i creditori. Meimarakis come quello che invita a smetterla con le politiche avventuriste e a rispettare gli impegni con l'Europa per poter ottenere il taglio del debito pubblico.
Secondo la legge greca al partito che ottiene più voti spetta un bonus di 50 deputati, su un parlamento monocamerale di 300 seggi. Ma appare improbabile che il partito vincitore possa governare da solo, senza formare una coalizione con una o più altre formazioni, forse addirittura una Grande coalizione fra gli stessi due partiti maggiori. I due partiti maggiori sono accreditati del 27% e per raggiungere la maggioranza dei seggi occorre arrivare al 38% dei voti.
Syriza ha perso smalto per alcune ragioni. Innanzitutto pesa la scissione del partito sulle politiche di austerità che ha portato alla costituzione di una nuova formazione, Unità popolare, di Panagiotis Lafazanis, favorevole alla Grexit e al ritorno alla dracma. Il voto giovanile, che era stato decisivo nella vittoria di gennaio di Syriza e nel referendum di luglio con il 61% dei voti a favore del rifiuto del piano di salvataggio, ora sembra essere evaporato.
Il secondo motivo è l'impatto che il controllo dei capitali imposti a giugno per prevenire il collasso delle banche ha avuto sulla vita di famiglie e imprese. Altro punto che ha colpito la popolarità di Syriza è la leadership di Nea Dimokratia di Evangelos Meimarakis, che si è concentrato sulla necessità di dare stabilità al paese dopo mesi di braccio di ferro con i creditori che hanno riportato Atene sull'orlo dell'abisso. Tutti ciò rende il voto di oggi molto incerto.

© Riproduzione riservata