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Tsipras dovrà risolvere il rebus della ristrutturazione del debito

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ANALISI

Tsipras dovrà risolvere il rebus della ristrutturazione del debito

Se Alexis Tsipras contro tutte le previsioni della vigilia ha vinto con ampio margine le elezioni in Grecia nonostante la secessione dei ribelli di Unità popolare, ora deve dimostrare di saper vincere una battaglia ancora più difficile: quella delle riforme per poter ottenere i crediti per rifinanziare le banche, togliere i controlli dei capitali e infine, con la ritrovata crescita economica, avere margini per finanziare politiche di sostegno sociale e attenuare i rigori dell'austerità. Questa è la vera scommessa e il motivo di fondo per cui i greci hanno votato ancora Tsipras, “eleggendolo” a negoziatore capo con la troika.

La speranza è che il premier sappia ridurre i rigori del piano dei creditori evitando strappi clamorosi e rimanendo nella zona euro. Nea Dimokratia, il partito conservatore che sembrava poterlo contrastare, si è fermato al 28% dei consensi, segno che il partito deve iniziare un'opera di rinnovamento profondo e non solo di facciata per poter tornare competitivo nell'arena politica dopo gli scandali del passato.

Il buon esito del partito nazionalista dei Greci indipendenti, che ottiene dieci seggi, consente a Tsipras di poter ricevere dal presidente della Repubblica l’incarico di formare un governo fotocopia del precedente, con una maggioranza complessiva di 155 seggi su 300. Alba dorata, il partito neonazista sull'onda del dramma dei profughi che ha colpito le isole greche di Lesbo e Kos, è ancora il terzo partito con il 7% dei consensi. I socialisti del Pasok e i centristi di To Potami, che puntavano a diventare l'ago della bilancia di futuri governi, restano marginali pur migliorando.

Tsipras si è rivelato il dominus incontrastato della politica greca, un nuovo Andreas Papandreou, il carismatico leader socialista del Pasok degli anni '80. Ma ora il premier deve attuare le riforme decise con i creditori come la revisione delle agevolazioni fiscali per gli agricoltori, l'abolizione delle baby-pensioni, la ricapitalizzazione delle banche, l'eliminazione dei controlli sui capitali e la madre di tutte le riforme, la ristrutturazione del debito che viaggia al 170% del Pil. Non sarà facile né una passeggiata, ma l'obiettivo, come ha detto l'ex ministro dell'Economia George Stathakis, al Sole 24 Ore, è «di riportare nel 2016 il paese alla crescita cercando di bilanciare l'austerità con investimenti». Inoltre di mettere fine al controllo dei capitali ancora in vigore. Una scommessa difficile ma con la consapevolezza che sotto il Partenone si deciderà ancora una volta il futuro dell'euro e dell'Europa: se l'euro diventerà un'unione di cambi fissi, revocabile a piacimento dai suoi membri, o se l'Unione diventerà più solidale, democratica e federale.

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