Il fronte per l’indipendenza canta vittoria in Catalogna. Ma i risultati delle elezioni amministrative, diventate un referendum sulla secessione dalla Spagna, mostrano una regione divisa come mai in passato e rischiano di complicare anche i piani di chi vuole la rottura con Madrid. «Hem guanyat, hemos ganado, we have won, nous avons gagné», ha scandito il governatore della regione Artur Mas in catalano, spagnolo, inglese e francese, davanti a migliaia di sostenitori che gridavano «Indipendenza! Indipendenza!» nel centro di Barcellona la notte passata. «Oggi ha vinto il sì, e ha vinto la democrazia», ha aggiunto Mas rivendicando un successo in realtà molto controverso alla urne.
La coalizione di Mas – formata dal suo partito Convergencia e dalla sinistra repubblicana - ha perso infatti nove seggi nell’assemblea regionale fermandosi a 62 rappresentanti contro 71 della legislatura appena terminata. Per raggiungere la maggioranza assoluta di 68 seggi – questo l’obiettivo dichiarato in campagna elettorale come necessario per l’indipendenza - e per governare avrà dunque bisogno dell’appoggio dell’estrema sinistra di Cup, diversa in tutto ma determinante nel futuro catalano con ben 10 seggi. «Addio Spagna, senza rancore», ha affermato il leader di Cup annunciando anche una sorta di disobbedienza alle leggi nazionali.
Al di là della disputa sui seggi nell’assemblea regionale, a rendere incerta la vittoria degli indipendentisti è la mancanza di una maggioranza nella popolazione. Nel suo complesso infatti il fronte indipendentista ha raccolto meno del 50% dei voti, un dato che sgonfia di significato le rivendicazioni autonomiste di Mas e dei suoi alleati. Facendo aumentare le perplessità, anche in Europa, sui piani del leader catalano.
Nel fronte del no alla secessione, il risultato più sorprendente l’ha fatto registrare Ciudadanos, movimento unionista di centro-destra nato proprio in Catalogna per contrastare le spinte secessioniste che, con il suo messaggio contro la corruzione dei partiti tradizionali, si è guadagnato 25 seggi diventando la seconda forza politica nella regione. «I catalani hanno detto in maggioranza che vogliono restare a far parte della Spagna. E stanotte qui dalla mia terra, dalla nostra terra di Catalogna, voglio dire a tutti gli spagnoli che ora è arrivato il tempo di riprendere assieme la strada verso un progetto comune», ha commentato a caldo il leader di Ciudadanos, Albert Rivera.
Sono andati abbastanza male i socialisti con solo 16 eletti. Malissimo il Partito popolare del premier Mariano Rajoy che è sceso di otto seggi a quota 11 e sembra in difficoltà anche in vista delle elezioni generali spagnole di dicembre. Male anche la lista di Podemos - con solo 11 seggi - il movimento antisistema, penalizzato da una campagna di mediazione che si è rivelata perdente tra i contrasti catalani. «Abbiamo puntato sulla responsabilità e abbiamo sbagliato», ha spiegato il leader Pablo Iglesias rilanciando la sua candidatura per il governo nelle prossime elezioni nazionali. «Non capisco – ha detto ancora Iglesias – l’esultanza di chi come Mas ha messo la Catalogna in una strada senza uscita. E non credo che gli spagnoli vogliano più un capo di governo come Rajoy che minaccia di mandare i carri armati in Catalogna. Se noi saremo alla guida del Paese a dicembre, faremo ripartire un progetto per la Spagna che comprende una nazione che si chiama Catalogna».
Non è stato dunque un plebiscito per l’indipendenza come avrebbe voluto Mas. E tuttavia è certo che, con un’affluenza record del 77%, quasi la metà dei votanti, questa volta, si è schierata chiaramente per la secessione. E questo è un fatto che non potrà essere ignorato a Madrid, come del resto hanno fatto capire anche Ciudadanos e Podemos. Sommandosi ai socialisti che da tempo lavorano per un’intesa proponendo una riforma in senso più marcatamente federale del sistema Stato-regioni.
Mas però non sembra avere intenzione di negoziare. «Il processo verso l’indipendenza continua. Non cederemo: abbiamo vinto con quasi tutto contro, e questo ci dà una forza enorme e una grande legittimità per portare avanti questo progetto. Stiamo scrivendo la pagina più gloriosa della storia della Catalogna», ha detto il governatore secessionista rilanciando la sfida alle leggi spagnole e al governo di Madrid dopo aver promesso di costruire in 18 mesi, con l’investitura delle elezioni, le fondamenta di un nuovo Stato catalano. Ma nessuno sa bene cosa succederà da oggi in Catalogna e Mas, fermo ai proclami di piazza, non sembra avere la forza e il consenso per cancellare i mille dubbi di una Catalogna che il voto di ieri ha spaccato ancora più profondamente.
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