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Raid Siria: Renzi lascia solo Hollande

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l’analisi

Raid Siria: Renzi lascia solo Hollande

NEW YORK – Nel 2011 l'ex premier Silvio Berlusconi si piegò - anche se malvolentieri - a una decisione già presa dal presidente francese Nicolas Sarkozy e partecipò ai raid aerei contro le truppe di Gheddafi. Ma l'implosione politica della Libia in una miriade dio tribù dopo le prime elezioni libere e il riemergere a Tripoli di forze filoislamiste ha convinto la comunità internazionale della necessità di non ripetere più l'errore di bombardare i “dittatori” senza pensare al futuro politico di quei Paesi.

Ecco perché questa volta l'Italia dirà no a Parigi e Renzi lascerà solo Hollande sull'intervento militare in Siria. Anche perché, ha spiegato il premier italiano, i vincoli costituzionali ci impediscono di intervenire in Siria mentre in Iraq facciamo parte di una coalizione e agiamo su richiesta del legittimo Governo di Baghdad. Prima di entrare nel summit Onu sull'empowerement femminile Matteo Renzi è stato chiaro: «Dobbiamo evitare che si ripeta un Libia-bis. L'Italia non fa blitz ma collabora con la coalizione internazionale”.

Una posizione che Parigi deve avere dato per scontata quando, qualche giorno fa, ha riunito un vertice con i capi delle diplomazie tedesca e inglese proprio per studiare la possibilità di interventi in Siria e dfi stabilizzazione in Libia. Renzi ha ricordato come la Siria sia tornato ad essere un tema al centro del dibattito internazionale, ma che continua a essere una questione complessa, con piu' attori e che «non debbano essere fatti interventi spot come in Libia» dove ora paghiamo le conseguenze di quelle azioni.

Renzi ha insistito sulla necessità di una soluzione politica e ha spiegato che «e' importante coinvolgere tutti; vedo in modo positivo l'incontro tra Obama e Putin di domani». L'Italia, ha aggiunto il premier italiano, da sempre ha detto che si deve coinvolgere la Russia, non per un problema specifico economico o per problemi energetici, ma “perché è un attore fondamentale sullo scacchiere mondiale».

L'incontro tra Obama e Putin, che arriva dopo oltre un anno di rapporti tesi tra Stati Uniti e Russia, potrebbe essere un momento fondamentale per arrivare a una svolta nella guerra civile che da 4 anni sta devastando il paese mediorientale. Anche se ieri il presidente russo ha duramente criticato il sostegno militare americano ai ribelli anti Assad.

Nelle settimane passate, Mosca ha iniziato a spostare i suoi armamenti nella base di Latakia, a nord-ovest del Paese. Tuttavia non è ancora chiara la strategia del Cremlino e proprio l'incontro di domani tra i due leader potrebbe portare a una decisione comune.
Quella della Siria, ha aggiunto il premier, è una situazione complessa e va affrontata in un quadro strategico globale che riguardi tutta la regione, dalla Siria allo Yemen alla Libia: “È anche così che si risolve la questione dei migranti”, ha concluso. Circa il negoziato in corso per la creazione di un Governo provvisorio in Libia Renzi è apparso molto cauto. «Non credo – ha detto - che ci sia da aspettarsi dei miracoli dalla situazione libica. L'Italia fa la sua parte, cerca di collaborare e di promuovere il dialogo tra le singole fazioni». Il lavoro di Bernardino Leon, l'inviato Onu per la Libia, volge al termine, ma Renzi dice di “non credere nei miracoli”. Perché “è evidente che lì la pace la faranno solo i libici e quindi o noi riusciamo a creare le condizioni perché si riesca finalmente a trovare un punto di intesa tra le tribù libiche oppure il percorso sarà ancora molto lungo».

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