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Portogallo, la destra al governo in vantaggio (nonostante…

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ELEZIONI A LISBONA

Portogallo, la destra al governo in vantaggio (nonostante l’austerity)

Pedro Passos Coelho può diventare domani il primo premier in Europa a resistere alla grande crisi e alle politiche di austerity. In Portogallo, tutti i sondaggi in vista delle elezioni generali danno vincente la coalizione di centro-destra, che ha governato a Lisbona negli ultimi quattro anni, con circa il 38% delle intenzioni di voto e almeno sei punti percentuali di vantaggio sul Partito socialista, dell’ex sindaco di Lisbona, Antonio Costa. Il Paese lusitano, già riconosciuto come il più diligente alunno della troika Ue-Fmi-Bce, sembra essere sotto uno strano effetto anestetizzante provocato dai pesantissimi tagli alla spesa e dalle tasse che ha dovuto accettare dopo il salvataggio del 2011.

In Grecia i governi sono stati ribaltati al ritmo dei tre bailout, ma anche in Paesi come Italia e Francia, che non hanno dovuto chiedere l’intervento internazionale, Nicolas Sarkozy e Silvio Berlusconi ( e poi Enrico Letta) sono stati travolti dalla crisi economica. In Spagna e Irlanda, salvati e sottoposti ai programmi di austerity e riforme della troika, voteranno nei prossimi mesi e potrebbero esserci sorprese. Mentre Passos Coelho che come nessun altro ha applicato le politiche di rigore imposte da Bruxelles e dalla Germania va verso la riconferma. Quasi in uno spot pubblicitario per la troika: «Il Portogallo è la migliore prova che i tagli alla spesa e l’aumento delle tasse imposti ai Paesi della periferia in cambio del salvataggio possono funzionare», ha detto il ministro tedesco delle Finanze, Wolfgang Schäuble. E il Portogallo «è un modello da seguire, per le scelte politiche fatte», anche per il direttore del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde.

L’unico rischio, per il Portogallo, sempre secondo i sondaggi, è che la coalizione al governo, formata dal Partito socialdemocratico conservatore e dal Partito popolare, non riesca a raggiungere la maggioranza assoluta in Parlamento: le previsioni dicono che avrebbe tra i 99 e i 114 seggi, sotto quindi la soglia della maggioranza assoluta di 116 deputati sui 230 totali. Un rischio non trascurabile perché l’eventuale clima di incertezza politica derivante da un Parlamento spaccato potrebbe compromettere la realizzazione delle riforme avviate e frenare la ripresa economica in corso.
Ma in Portogallo non ci sono forze antisistema determinanti con le due forze tradizionali di sinistra - Il Partito comunista e il Blocco di sinistra - divise e ferme intorno al 10% dei consensi. Nella crisi gli schieramenti in campo non sono cambiati: non c’è un equivalente di Syriza e nemmeno un Beppe Grillo, non c’è un Podemos, anche se il Blocco di sinistra è considerato il cugino maggiore dei movimenti greco e spagnolo che sfidano il Palazzo e vogliono cambiare l’Unione europea.

Dopo il salvataggio di 78 miliardi di euro a metà del 2011 e dopo anni di governo della troika, il Portogallo è uscito dal programma di aiuti internazionali da poco più di un anno, senza chiedere ulteriore sostegno a Ue-Fmi e Bce, cercando così di riconquistare ulteriore fiducia sui mercati finanziari. «La ripresa economica del Portogallo sta continuando nel 2015, spinta dalle esportazioni, dai consumi interni e negli ultimi mesi anche dall'aumento degli investimenti. Per l'intero 2015 si prevede una crescita dell'1,6%», scrive l’Fmi nell’ultimo report di verifica dopo l’uscita del Portogallo dal programma di aiuti.

Il governo portoghese per tutta la campagna elettorale ha rivendicato i risultati raggiunti. Mentre le opposizioni - che al governo nel 2011 chiesero il salvataggio internazionale - hanno continuato ad accusare il conservatore Passos Coelho di essere «più tedesco di Angela Merkel» sottolineando «le condizioni di vita sempre più difficili delle famiglie» nonostante la disoccupazione sia scesa sotto il 14 per cento. «Non c’era alternativa al percorso di rigore che abbiamo scelto, eravamo veramente a un passo dall’abisso ma ce l’abbiamo fatta raggiungendo obiettivi di bilancio e completando riforme che sembravano irrealizzabili: dal mercato del lavoro alle liberalizzazioni in molti settori fino alle privatizzazioni», ha detto Passos Coelho, ribadendo il tema portante della campagna elettorale della destra: «Il Portogallo non è la Grecia».

Ma la lunga recessione (che ha tagliato oltre il 6% del Pil) e le manovre di austerity (che hanno fatto scendere il deficit dall’11,2% al 3,2% del Pil, senza contare l’intervento a sostegno delle banche) hanno lasciato il segno. La ripresa stenta ad arrivare a tutte le fasce della popolazione. E negli ultimi tre anni, più di 200mila portoghesi, in un Paese che di abitanti ne ha 10 milioni in tutto, hanno deciso di lasciare il Paese per trasferirsi all’estero in modo permanente alla ricerca di un posto di lavoro. Proprio sul disagio sociale puntano i socialisti per convincere gli indecisi - oltre il 20% su quasi dieci milioni di elettori - e capovolgere i pronostici della vigilia.

«Le elezioni si terranno in una fase in cui l’economia portoghese si sta espandendo a un ritmo più veloce rispetto al resto dell’Eurozona. E tuttavia - spiegano gli esperti di Morgan Stanley - la crescita potrebbe aver raggiunto la velocità di crociera e potrebbe rallentare con il venir meno di tre elementi oggi determinanti: euro debole, prezzi favorevoli delle commodity e tassi di interesse bassi». Anche considerando le possibili future difficoltà, da morgan Stanley sottolineano che il Portogallo ha bisogno «di un governo sostenuto da una maggioranza chiara che realizzi in pieno le riforme stutturali avviate». A guardare bene, un rischio non da poco anche per il tranquillo Portogallo.

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