Era già buio a Tokyo quando da Atlanta è arrivata la notizia del decollo della Trans-Pacific Partnership. Il primo ministro Shinzo Abe ha convocato per stamattina alle 10 una conferenza stampa in cui è facile prevedere che lancerà un messaggio di ottimismo: la Tpp non deve far paura, in quanto il Paese è destinato a trarne ampi benefici nel quadro di una evoluzione in sintonia con gli scopi dell’Abenomics.
Con la sua adesione tardiva (nel 2013) ai negoziati multilaterali di libero scambio Asia-America, Tokyo non solo ha cambiato la natura della Tpp dandole una portata ben maggiore, ma ha potuto realizzare in sostanza un Free Trade Agreement con la prima economia mondiale. Probabilmente non sarebbe stato possibile un Fta bilaterale con Washington: le ostilità interne, radicate anche nei passati contenziosi commerciali, in entrambi i Paesi sarebbero state ben più forti. Inserendosi invece nel “rebalancing” americano verso l’Asia, quanto non era realistico fino a due anni fa diventa un fattore fondamentale per gli indirizzi della terza economia mondiale. Anche perché sembra destinato a far uscire dallo stallo anche i negoziati per un Economic Partnership Agreement tra il Giappone e l’Unione Europea: il prossimo round (il tredicesimo) potrebbe far segnare un decisivo passo avanti.
Se finora all'Epa teneva di più Tokyo (irritata per l’Fta tra Bruxelles e la Corea del Sud), ora diventa più chiaro l’interesse collettivo europeo ad evitare svantaggi competitivi sul mercato nipponico. La più netta volontà politica di arrivare a una intesa non renderà insormontabile il prevedibile braccio di ferro finale tra una Ue che cercherà di ottenere tutto quanto concesso da Tokyo agli Usa in ambito Tpp e un Giappone che proverà a dare un po’ meno o a ottenere qualcosa di più di quanto ventilato finora. Quello che era apparso come “wishful thinking” al vertice Ue-Giappone dello scorso maggio – ossia la conclusione di un accordo di massima entro fine anno – entra nell’ordine delle possibilità concrete.
Il premier Abe è reduce da un calo di popolarità per aver perseguito con decisionismo un altro nodo fondamentale per il rafforzamento dell’alleanza con gli Usa: il passaggio parlamentare delle nuove controverse leggi sulla sicurezza che consentiranno alle Forze di Autodifesa di intervenire anche all’estero in soccorso di mezzi militari americani sotto attacco. La sua immagine potrà migliorare come “uomo del fare” che torna a concentrarsi sull’economia e accelera il lento procedere di riforme sistemiche. Contro una parte consistente della base elettorale del suo partito (a partire da quella rurale), Abe ha sposato con decisione, promuovendo la Tpp, i desideri dei settori economici che stanno guardando sempre più all'estero e sempre meno al declinante mercato interno. Per la potente Keidanren (la Confindustria giapponese), il prezzo di una maggiore concorrenza sul fronte domestico è più che accettabile in cambio di più ampie opportunità di espansione internazionale, tanto che il suo presidente Sadayuki Sakakibara aveva espresso persino il desiderio che le trattative di Atlanta si concludessero “whatever it takes”.
Non a caso ieri, sull’onda delle anticipazioni sull’imminente conclusione dell’intesa Tpp, l’indice Nikkei ha guadagnato l’1,6% tornando sopra quota 18mila sulla spinta degli acquisti sui titoli delle società esportatrici e di trading. Se la storia è maestra, allora in Giappone vale la regola secondo cui i cambiamenti sono promossi o almeno accelerati da pressioni esterne (“gaiatsu”).
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