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Ungheria, le politiche xenofobe e populiste costano 100 milioni di euro

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dopo i muri e il filo spinato

Ungheria, le politiche xenofobe e populiste costano 100 milioni di euro

Muri e filo spinato contro i migranti costano più dell'accoglienza. Quanto costano le politiche xenofobe e populiste? Tenere fuori dai confini i rifugiati è costato all'Ungheria oltre 100 milioni di euro, il triplo di quanto spende annualmente per l'accoglienza dei richiedenti asilo.

Solo per il sondaggio sull'immigrazione e sulla detenzione di oltre ventiquattro ore di quanti entrano irregolarmente si sono spesi 3.2 milioni di euro, mentre 1.3 milioni di euro sono stati investiti nella campagna xenofoba di cui si ricorda il messaggio principale: “Se vieni in Ungheria, non prendere il lavoro degli ungheresi”. Solo per la barriera con il confine serbo, lo stato ungherese ha investito 98 milioni di euro. Mentre il budget dell'Ufficio Immigrazione per il 2015 per le procedure riguardanti le richieste d'asilo era di 27.5 milioni di euro.

Muri che all'Ungheria costano caro.
In un rapporto dettagliato ,”Fenced Out” , Amnesty International elenca le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale dell'Ungheria. Nei primi otto mesi del 2015 sono 161mila le persone che avrebbero richiesto il diritto d'asilo in Ungheria, l'Ufficio per l'Immigrazione e la Cittadinanza ha dichiarato che almeno due terzi degli arrivi sarebbero stati rifugiati provenienti dalla Siria, l'Afghanistan e l'Iraq, entrati irregolarmente. A fronte di ciò l'Ungheria, anziché partecipare ai ricollocamenti decisi dall'Ue, ha costruito barriere lungo i confini Sud del paese, rispedito i rifugiati in Serbia. L'Ungheria si sta isolando rispetto alle politiche Ue in materia di immigrazione e al rispetto delle convenzioni internazionali.

Nuovi emendamenti alle leggi sull'asilo e l'immigrazione del governo ungherese sono state recentemente approvati. In particolare è stata stipulata una lista di paesi cosiddetti sicuri o di transito come la Grecia, la Serbia o la Macedonia, ma i migranti che hanno attraversato questi paesi vengono sistematicamente rispediti indietro. Nel rapporto viene sottolineato come particolarmente grave la criminalizzazione di chi attraversa irregolarmente il confine ungherese, che può rischiare di essere detenuto in carcere e sottoposto a processo. Tra le pene introdotte : detenzione da uno a tre anni e/o espulsione per chi entra irregolarmente nel paese, da uno a cinque anni per chi danneggia le barriere al confine e per chi aiuta qualcuno ad entrare nel paese . Tutto ciò viola chiaramente, ricorda anche Amnesty International, la Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato e l'Ue dovrebbe appellarsi all'articolo 7 del trattato Ue che permette al Consiglio Europeo di inviare un avvertimento a uno stato membro quando c'è un rischio evidente di violazione dello stato di diritto e dei diritti umani.

Dopo la modifica al codice penale e al diritto d'asilo anche il rappresentante delle Nazioni Unite Zeid Ra'ad Al Hussein si era espresso: «Si tratta di una violazione completamente inaccettabile dei diritti umani dei rifugiati e migranti. Richiedere asilo non è un crimine , né lo è entrare irregolarmente in un paese». Il Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha poi osservato che alcune azioni intraprese dalle autorità ungheresi come il negare l'ingresso nel paese, arrestare i richiedenti asilo, respingere e rispedire indietro sommariamente i rifugiati, l'uso della forza spropositata sui migranti, oltre che aggredire giornalisti e sequestrare documentazione video rappresentano violazioni continue del diritto internazionale.

Per giorni inoltre i rifugiati hanno dormito ammassati senza servizi di assistenza nelle principali stazioni di Budapest Nyugati, Keleti e Deli. Tra il 3 e il 4 settembre dopo il blocco delle ferrovie ungheresi, sono partiti dei treni con la bandiera tedesca, sui quali centinaia di profughi sono saliti dopo aver comprato giorni prima i biglietti per raggiungere la Germania. Ma il treno si fermò a Bicske, una città con un centro di detenzione, dove i migranti furono forzati a scendere anche con l'uso della forza. Amnesty International ha verificato la situazione alle stazioni a settembre: a Keleti c'erano solo sei rubinetti d'acqua potabile e poche toilettes concesse dalle autorità locali. La distribuzione degli alimenti, sacchi a pelo, tende, assistenza medica, vestiti era lasciata completamente ai volontari e alle donazioni. Per quanto riguarda il centro di detenzione di Roszke, ormai tristemente famoso anche per le scene dei lanci di panini ai migranti, le autorità ungheresi hanno negato ad Amnesty International di visitarlo, i ricercatori hanno però raccolto alcune testimonianze: «Mi sembrava di essere tornata in Siria», ha raccontato un rifugiato descrivendo anche la scarsità di cibo e acqua messi a disposizione dei migranti all'interno del centro.

Dai racconti emerge anche una grande mancanza di informazioni verso i richiedenti asilo rispetto ai propri diritti, fatti spesso entrare nel paese o caricati su treni che li riportavano in Serbia senza saperlo.

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