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PIANETA GIAPPONE

“Ecco perché Tokyo resta importante sulla scena globale”. Da Taggart Murphy una guida al Giappone contemporaneo

TOKYO – “C'e' chi pensa che il Giappone sia diventato l'Italia dell'Est: un Paese grande in passato ma ora più che altro da visitare per i templi e la buona cucina, o semmai come fonte di esempi da evitare. Ho cercato di dimostrare invece che il Giappone è ancora importante nel mondo e per il mondo”. R. Taggart Murphy, ex banchiere di investimento ora docente di economia politica internazionale (già coordinatore del forum web The Asia-Pacific Journal: Japan Focus), ha scritto un libro intitolato “Japan and the Shackles of the Past” (Oxford University), accolto dalla critica come una delle analisi più illuminanti sul Sol levante e sulle radici dei suoi problemi attuali.

I “vincoli del passato” pesano su un Paese che non ha mai avuto vere rivoluzioni e dove le dinamiche dell'interazione storica tra politica, economia e cultura ha avuto effetti più duraturi che altrove. Se gli sviluppi economici e politici a Tokyo sono destinati ad avere grande influenza anche al di là della cruciale arena dell'Asia orientale, Taggart Murphy mostra di essere fautore della desiderabilità di un Giappone più autonomo dagli Stati Uniti. Incisiva la sua analisi sul ruolo americano nella caduta, 5 anni fa, del governo di Yukio Hatoyama, il primo a guida del Partito democratico, considerato a sproposito una minaccia dai “New Japan Hands” di Washington: negli eventi che hanno condotto al ritorno di Shinzo Abe l'”American policy establishment” sarebbe direttamente responsabile. Più discutibile la previsione che l'insistenza Usa sulla costruzione di una nuova base dei Marines a Okinawa finirà per sprigionare forti tendenze indipendentiste nell'isola (anche se cos fosse, difficile pensare a grandi conseguenze istituzionali).

Le relazioni contemporanee Usa-Giappone sono inquadrate in quanto accaduto nei “cruciali” anni '50, mentre ora Taggart Murphy dubita che alle attuali sfere governative nipponiche sia sufficientemente chiaro che gli Usa non cederanno mai al Giappone il diritto di scegliere “i termini e i tempi” di una eventuale “confrontation” con la Cina.

Nel suo affascinante excursus storico-culturale, Taggart Murphy non disdegna esempi spiccioli. Il Giappone è uno dei posti migliori per vivere perché anche i lavori più triviali vengono svolti con impegno e accuratezza; questo rimanda a precisi radici culturali e a un contesto in cui la lamentela è considerata sconveniente, come minimo indice di immaturità; il che apre pero' spazi allo sfruttamento e finisce per avere implicazioni politiche: “E' un Paese che avrebbe bisogno di più persone che alzino la voce”. A suo parere, uno dei motivi dello stallo economico sta in politiche che trascurano la necessità di rilanciare il potere di acquisto dei consumatori. Tanto che ormai i veri “net savers” nel sistema sono le grandi aziende.

Per Taggart Murphy il Giappone, che resta la terza economia mondiale, ha ancora la forza per “indirizzare la storia umana verso nuove e inattese traiettorie”, come ha fatto varie volte da quando a metà Ottocento fu costretto a uscire dall'isolamento. Sicuri che ci sarebbe stata la Rivoluzione russa (senza la vittoria giapponese del 1905)? E la rivoluzione cinese che portò Mao al potere? Analogamente, per la portata dell'egemonia finanziaria del dollaro, o gli orientamenti della pittura moderna, dell'architettura, del cinema e cosi' via. A Tokyo si anticipano trend in affermazione nei Paesi avanzati, che siano l'invecchiamento della popolazione o una politica monetaria che non funziona più secondo i vecchi testi, un eccesso di capacità o un sistema finanziario incrinato e un mondo del lavoro diviso tra sempre meno garantiti e sempre più precari (una conseguenze del crollo dell'influenza politica dei corpi sociali intermedi).

Lo scrittore conclude che, se il Giappone è rimasto il Giappone, anche con la sua “tolleranza del paradosso”, le élite nel resto del mondo sono diventate più giapponesi in un aspetto cruciale: “Imparare a vivere con la costante presenza della contraddizione, perfezionando la ginnastica mentale necessaria a autoingannarsi sulle motivazioni pur continuando ad agire in base a quelle motivazioni”. Per capire meglio il concetto, e il Giappone, vanno lette le 400 pagine del libro.

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