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Investimenti cinesi in Africa in calo dell'84%

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Effetti collaterali della frenata di Pechino

Investimenti cinesi in Africa in calo dell'84%

Gli investimenti cinesi in Africa sono diminuiti del 84 per cento nel primo semestre di quest'anno, rispetto allo stesso periodo di un anno prima, passando da 3,54 miliardi di dollari ad appena 568 milioni di dollari. Secondo il quotidiano londinese, Financial Times, si tratterebbe di un effetto collaterale del rallentamento domestico di Pechino, fatto che ha costretto il governo cinese a concentrare le risorse. Con meno soldi a disposizione per investire all'estero in grandi progetti infrastrutturali che hanno dominato il panorama nella prima metà del 2014, gli investimenti cinesi si sono focalizzati sulle materie prime, il core business cinese in Africa.

Infatti, anche se gli investimenti totali di Pechino sono scesi pesantemente, nella prima metà del 2015, gli investimenti nelle industrie estrattive sono raddoppiati. La spesa del Dragone in progetti relativi al petrolio, gas , carbone, miniere e metalli, sono passati da 141 milioni di dollari a 288 milioni rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Visto in prospettiva degli ultimi dieci anni, il livello di quest'anno degli Ide cinesi è più un ritorno alla normalità che un' inversione di tendenza. Gli investimenti diretti hanno raggiunto il picco di 11,7 miliardi di dollari nel 2008, prima della crisi della finanziaria globale, per poi ripiegare a una media di 1,5 miliardi di dollari all'anno per il quinquennio successivo. Un balzo degli investimenti dello scorso anno non ha avuto seguito. Il contributo cinese attraverso gli Ide, secondo alcuni analisti, è stato uno degli elementi positivi della forte crescita africana dell'ultimo decennio.

Il Continente nero ha attratto 87 miliardi di dollari in investimenti diretti esteri nel 2014, un 64% di aumento rispetto al 2013, hanno stimato due ricerche rispettivamente di “This is Africa” e “fDi intelligence”, gruppi appartenenti al Financial Times. Le due ricerche hanno preso in esame contratti sia greenfield che di espansione di vecchi accordi esistenti. In ogni caso, l'Africa (insieme al Sudamerica e ai Brics) sta subendo il calo del prezzo delle materie prime e del petrolio, un elemento che sta avendo effetti negativi in numerose economie del Continente africano, dall'Angola allo Zambia, paesi dove le materie prime pesano molto sulle entrate complessive statali.

Comunque gli investimenti cinesi sono poca cosa rispetto ai volumi commerciali tra Cina e Africa. Nel 2009 Pechino ha superato gli Stati Uniti come principale attore commerciale regionale. Un esempio per tutti: secondo la Banca mondiale il valore dei commerci tra la Cina e l'Africa sub-sahariana ha raggiunto nel 2013 i 170 miliardi di dollari, rispetto ad appena i 10 miliardi nel 2002. In ogni caso gli investimenti diretti esteri sono un elemento importante per capire i trend dell'economia globale. E il timore di fondo è che se dovesse scoppiare un bolla immobiliare in Cina, questa potrebbe ridurre la domanda di materie prime dall'Africa. Ma altri sono più ottimisti, come l'economista dell'Ocse, Mario Pezzini, che non esclude la possibilità che un nuovo orientamento dell'economia cinese puntata sui consumi interni possa alla fine aumentare la domanda di risorse naturali. O forse, dicono altri analisti, anche l'Africa potrebbe decidere di puntare sui consumi interni per sostenere la propria economia.

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