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Stati Uniti

Los Angeles, attori contro il sindacato sul salario minimo nei piccoli teatri

A Los Angeles un gruppo di attori ha fatto causa al sindacato di categoria, la Actors Equity Association, che ha imposto anche ai piccoli teatri, sotto i cento posti, di pagare il salario minimo di 9 dollari l’ora, destinato a diventare 10 dollari l’anno prossimo in applicazione della riforma voluta da Barack Obama.

Il rischio, lamentano i ricorrenti, è che gli aumenti salariali costringano i piccoli teatri a chiudere. Nelle attività creative, come lo spettacolo, spesso la produzione di lavori originali e di nicchia, al di fuori dello star system, non paga molto eppure, sottolineano gli attori, giovani talenti hanno comunque interesse a recitare per fare esperienza da mettere nel curriculum. A costo di essere “volontari”. Con l’imposizione del salario minimo, è l’obiezione fatta al sindacato, migliaia di attori perderanno opportunità di accesso al palcoscenico. La gavetta, in altre parole, è lunga e difficile. Sovente lavorare per poco consente agli attori di farsi notare e meglio sviluppare il percorso creativo. Soltanto dopo, aggiungono i ricorrenti, arrivano ingaggi remunerativi.

Finora la politica dei “99 posti” aveva esentato le piccole realtà dall’applicazione del salario minimo ma ad aprile l’associazione di categoria ha deciso di superarla chiedendo a tutti i teatri di pagare 9 dollari orari. La causa, presentata alla corte federale di Los Angeles, sostiene che la retromarcia sindacale vìola il precedente accordo del 1989 che aveva istituito un’apposita Commissione per le modifiche all’esenzione.

L’iniziativa, promossa tra gli altri da attori come Ed Harris, Amy Madigan e Salome Jens, potrebbe avere un «effetto deleterio» sul potere contrattuale della categoria, ha sottolineato la Actors Equity Association.

La vicenda dei piccoli teatri californiani si inserisce nella polemica, in corso ormai da mesi, tra sostenitori e detrattori della riforma sul salario minimo varata dall’amministrazione Obama.

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