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Il destino della Siria al tavolo di Vienna: primi spiragli di intesa

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unire rappresentL’AVVIO DEI NEGOZIATI

Il destino della Siria al tavolo di Vienna: primi spiragli di intesa

All’Imperial Hotel di Vienna è iniziato un nuovo negoziato sul futuro della Siria. Ha subito iniziato a dare qualche frutto, un processo diplomatico guidato dall’Onu che dovrebbe portare insieme governo siriano e opposizione, basato su nove principi e propositi: il primo, il riconoscimento dell’integrità territoriale della Siria. Ma la soluzione non potrà essere né facile né rapida. Tra i partecipanti «restano differenze sostanziali», è scritto nel comunicato finale in cui si definisce però «imperativa» l’accelerazione «di tutti gli sforzi diplomatici per mettere fine alla guerra». Alle Nazioni Unite si chiede di unire rappresentanti del governo siriano e dell’opposizione per lanciare «un processo politico che conduca a un governo credibile, inclusivo, non settario, seguito da una nuova Costituzione e da elezioni». Al termine dell’incontro, in conferenza stampa insieme al segretario di Stato americano John Kerry il ministro degli Esteri russo Serghej Lavrov ha ammesso che a Vienna non c’è stato accordo sul destino di Bashar Assad. Ma le delegazioni presenti registrano un avvicinamento delle posizioni sulla possibilità di un futuro governo senza il presidente siriano; parallelamente si lavorerà a un piano per un cessate il fuoco da costruire nei prossimi quattro-sei mesi. Nessuno, probabilmente, si aspettava di più.

Gli spunti emersi a Vienna dovranno germogliare con il proseguimento delle trattative, in questa nuova fase che ha visto anche confermare da Kerry la decisione della Casa Bianca di inviare in Siria unità delle forze speciali, non più di 50 persone che andranno ad assistere e fare da consulenti a gruppi dell’opposizione nella lotta contro l’Isis. Una svolta, quella di mettere “scarponi in terra siriana”, che Lavrov ha subito criticato perché, ha detto, «la lotta al terrorismo deve essere basata sul diritto internazionale». Kerry ha definito «una coincidenza» il fatto che l’annuncio di Washington sia stato fatto nel giorno del summit. Potenzialmente, i commando americani potranno trovarsi sulla linea del fuoco dio Mosca, impegnata in raid aerei contro gruppi ribelli, non solo contro l’Isis.

A Vienna però è nata la possibilità di avvicinare le posizioni. L’evento era reso storico dalla presenza, per la prima volta, dell’Iran, nella stessa sala insieme a Stati Uniti, Russia, Iraq, Turchia, Arabia Saudita e Paesi del Golfo accanto agli altri Paesi dell’area (Egitto, Libano e Giordania, assente Israele), alla Cina e agli europei, incalzati dall’emergenza profughi: Francia, Germania, Italia, Gran Bretagna. Paesi rappresentati dai rispettivi ministri degli Esteri. Sul loro tavolo la Siria appare come un puzzle che l’intervento militare di Mosca, iniziato a fine settembre, ha ulteriormente scosso e scompigliato, avvicinando però in questo modo il confronto tra potenze che in realtà solo in apparenza sono unite dall’obiettivo di sconfiggere la barbarie dello Stato Islamico.

Gli interessi degli attori convenuti a Vienna sono diversi e intrecciati (in particolare la rivalità tra iraniani e sauditi, i due ministri seduti il più lontano possibile): soprattutto, da un tavolo così affollato mancavano i rappresentanti dell’opposizione siriana. Senza le tessere che loro hanno in mano, non sarà mai possibile ricomporre il puzzle di una guerra che dura da quattro anni, che ha ucciso più di 250mila persone e ha costretto altri milioni a fuggire.

Emerse già dagli incontri che nei giorni scorsi hanno preparato il vertice, le diverse interpretazioni del conflitto si sono subito riflesse nelle dichiarazioni che hanno accompagnato l’avvio dei lavori. A partire dal destino del presidente siriano: «Il futuro di Assad non è in discussione - ha chiarito il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov - il summit di Vienna affronta le questioni politiche della Siria. Solo il popolo siriano può decidere sul futuro politico di Assad». In realtà, nei giorni scorsi il direttore della Cia, John Brennan, aveva fatto riferimento ai segnali lanciati dalla diplomazia russa dicendosi convinto che Mosca, a dispetto dalle apparenze, sta cercando di ottenere l’addio al potere del presidente siriano.«Malgrado quello che dicono, penso che i russi non vedono Assad con un ruolo nel futuro della Siria - ha detto Brennan -. La questione è quando e come saranno in grado di farlo uscire di scena».

Va in questo senso la proposta avanzata a Vienna dall’Iran, il primo segnale positivo giunto dalla Conferenza. Teheran, l’alleato più potente di Bashar Assad, avrebbe abbandonato l’insistenza sulla sua permanenza al potere, appoggiando l’idea di un periodo di transizione di sei mesi seguito da elezioni. «L’Iran non insiste a tenere Assad al potere per sempre», ha dichiarato il viceministro degli Esteri iraniano, Amir Abdollahian, citato dalla stampa di Teheran.

L’altro nodo cruciale è la presenza dell’opposizione al negoziato. Russi, americani, sauditi e turchi si stanno scambiando le liste dei gruppi che potrebbero partecipare ai prossimi incontri. In teoria dovrebbero essere loro i protagonisti del prossimo round di incontri, atteso tra due settimane a Vienna e affidato alla guida di Staffan de Mistura, inviato dell’Onu per la Siria. Si ripartirà dai principi citati nel comunicato congiunto di Vienna, eccoli: 1) Sono fondamentali l’unità della Siria, la sua indipendenza, la sua integrità territoriale e il suo carattere secolare. 2) Le istituzioni dello Stato resteranno intatte. 3) I diritti di tutti i siriani devono essere protetti senza distinzioni religiose o di appartenenza etnica. 4) È imperativo accelerare gli sforzi diplomatici per mettere fine alla guerra. 5) Si garantirà l’accesso umanitario a tutto il territorio e si aumenteranno gli sforzi per i rifugiati. 6) Bisogna sconfiggere l’Isis e altri gruppi terroristici. 7) Si chiede all’Onu di convocare rappresentanti del governo e dell’opposizione per avviare un processo politico che porti alla formazione di un governo credibile, inclusivo, non settario, che elabori una nuova Costituzione e convochi libere elezioni, supervisionate dall’Onu. 8) Questo processo politico deve essere diretto dai siriani e i siriani decideranno il futuro del loro Paese. 9) I Paesi partecipanti e l’Onu individueranno le modalità di un cessate il fuoco parallelo al processo politico.

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