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Spagna, mini-frenata dell’economia ma il Pil 2015 crescerà…

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MADRID VERSO IL VOTO di DICEMBRE

Spagna, mini-frenata dell’economia ma il Pil 2015 crescerà più del 3%

Rallenta leggermente il ritmo di crescita spagnolo nel terzo trimestre mentre si avvicinano le elezioni generali del 20 dicembre nelle quali la ripresa economica e il calo della disoccupazione avranno un peso determinante dopo la lunga recessione sofferta dal Paese iberico. Secondo i dati preliminari diffusi dall’istituto nazionale di statistica, tra luglio e settembre il Pil è aumentato dello 0,8% rispetto al trimestre precedente facendo segnare una flessione rispetto all’1% del secondo trimestre e allo 0,9% del primo trimestre. Su base annua c’è stata comunque nei mesi estivi un’espansione del 3,4% in miglioramento rispetto al 3,1% del secondo trimestre.

I dati finali sul Pil con le sue componenti sarà pubblicato il prossimo 26 novembre. Secondo gli analisti, tuttavia, è già possibile affermare che nel terzo trimestre il Pil è stato spinto soprattutto dalla domanda interna, con consumi privati e investimenti, mentre dalle esportazioni sarebbe arrivato un contributo negativo.

«Alcuni dei fattori che hanno spinto la rapida crescita degli ultimi trimestri sono transitori. Mi riferisco soprattutto ai prezzi bassi del petrolio, al cambio favorevole dell’euro sul dollaro e agli stimoli della Banca centrale europea», ha detto Angel Laborda, economista di Funcas, il think-tank delle Casse di risparmio spagnole. «Probabilmente il ritmo di crescita scenderà ancora nei prossimi mesi per stabilizzarsi intorno allo 0,6% o 0,7% su base trimestrale».

Il premier conservatore Mariano Rajoy ha puntato tutto sulla ripresa economica per cercare di essere confermato al governo nel voto di fine anno. «Dopo anni durissimi nei quali tutti gli spagnoli hanno dovuto fare grandi sforzi è ora giunto il momento della svolta. Si apre una nuova fase, l’austerity appartiene al passato e i prossimi anni potrebbero essere per la Spagna i migliori della nostra storia democratica», ha spiegato nei giorni scorsi Rajoy al termine del Consiglio dei ministri che dato il via al processo elettorale. Il governo ha previsto per il 2015 una crescita dell’economia pari al 3,3%, di poco superiore alle stime della maggior parte degli economisti, e del 3% nel 2016. Secondo il Fondo monetario internazionale il Pil dopo un aumento del 3,1% del 2015 rallenterà al 2,5% nel 2016. Ancora più cauta la Commissione europea che prevede un 2,8% quest’anno e un 2,6% per il prossimo.

E due settimane fa la stessa Commissione di Bruxelles ha bocciato il bilancio per il 2016 presentato dal governo spagnolo chiedendo a Rajoy di apportare le modifiche necessarie per raggiungere gli obiettivi fissati per risanare il bilancio. «Portando avanti politiche decisive, la Spagna ha compiuto una svolta dalla crisi per diventare una delle economie a crescita più veloce nella zona euro», ha detto il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis ribadendo tuttavia la necessità per Madrid di «proseguire nel percorso delle riforme e mantenere una politica di bilancio responsabile». Secondo Bruxelles il budget annunciato da Rajoy a pochi mesi delle elezioni sarebbe viziato da eccessivo ottimismo proprio nelle stime di crescita.

«Una crescita basata soprattutto sulla spesa dei consumatori non può durare a lungo. Il secondo trimestre ha probabilmente fatto segnare il massimo ritmo di crescita del Pil, da qui in poi ci aspettiamo una graduale moderazione», ha spiegato Angel Talavera, economista di Oxford Economics. «Sarebbe preferibile avere in Spagna una crescita meno rapida ma più supportata dagli investimenti che dai consumi interni», ha sottolineato anche José Ignacio Conde-Ruiz, professore di Economia all'Università Complutense di Madrid.

In Spagna l'anno elettorale sta alimentando grande incertezza politica. In primavera si è votato in 13 delle 17 autonomie regionali e in oltre 8mila comuni, tre settimane fa la Catalogna ha confermato alle urne la sua vocazione indipendentista confermata con le tensioni degli ultimi giorni. Prima di Natale i cittadini spagnoli saranno infine chiamati a rinnovare il Parlamento e il governo nazionale. Lo scenario elettorale è in continua evoluzione e il sistema bipartitico che da quarant’anni vede alternarsi al governo i popolari e i socialisti sembra vicino al termine. Incalzato da due movimenti come Podemos e Ciudadanos che partendo da posizioni molto lontane tra loro - il primo nasce a sinistra dalla protesta di piazza degli indignados, il secondo è di ispirazione liberista e centrista - stanno guadagnando consensi e potrebbero diventare determinanti nel nuovo esecutivo spagnolo. Gli ultimi sondaggi confermano la partita a quattro con i popolari di Rajoy e i socialisti di Pedro Sanchez appaiati introno al 23%, Ciudadanos di Albert Rivera introno al 20% e Podemos di Pablo Iglesias staccato di circa cinque punti percentuali.

A dare qualche chance in più a Rajoy è il miglioramento del mercato del lavoro. Nel terzo trimestre - secondo i dati ufficiali diffusi la scorsa settimana - il tasso di disoccupazione è sceso ancora, fino al 21,2%, ai minimi da quattro anni. E per la prima volta dal 2011 il numero complessivo dei disoccupati è sceso sotto la soglia simbolica dei cinque milioni, a 4,85 milioni rispetto ai 5,43 milioni di metà 2014. L’emergenza sul lavoro non è finita, la percentuale di popolazione spagnola senza un impiego resta tra le più alte tra le economie sviluppate, seconda in Europa solo alla Grecia: uno spagnolo su cinque è ancora disoccupato mentre tra i giovani con meno di 25 anni il tasso di disoccupazione è del 46,6% per cento. Ma il miglioramento è innegabile rispetto al 23,7% di un anno fa e ancor più rispetto al 26,9%, il livello massimo toccato all’inizio del 2013.

«Ci sono molti elementi che hanno favorito concretamente i consumi privati, dal recupero dell'occupazione ai tagli alle tasse ma persistono anche nodi da sciogliere che fanno pensare a un inevitabile rallentamento della crescita», ha spiegato Raj Badiani, economista di Ihs Economics. «È comunque impressionante - aggiunge Badiani - osservare la metamorfosi della Spagna dal collasso alla crescita record nell'Eurozona».

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