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Usa 2016, sale l’ispanico Rubio con i fondi dell’avvoltoio…

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I REPUBBLICANI PER LA Casa Bianca

Usa 2016, sale l’ispanico Rubio con i fondi dell’avvoltoio degli hedge

  • –di Marco Valsania

Paul Singer si è fatto un nome come finanziere d'assalto, avvoltoio del debito con artigli che hanno scorticato l'Argentina e paesi africani e inferto qualche graffio anche all'Europa della crisi. Numero 1.177 nella classifica di Forbes dei piu' ricchi al mondo, forte di un patrimonio personale stimato in 1,5 miliardi di dollari e costruito manovrando i 21 miliardi del suo fondo hedge Elliott Management. Ma e' anche uno dei piu' grandi e influenti sponsor del partito repubblicano e dei suoi candidati.

Singer era corteggiato da tutti gli aspiranti e ora ha rotto gli indugi, scegliendo chi per lui conquistera' la nomination alla Casa Bianca. E, vista la propensione a vincere, la sua scommessa politica non puo' essere presa alla leggera: il “suo” candidato e' Marco Rubio.
Singer ha messo i forzieri al servizio del giovane senatore della Florida. Di piu': ha scritto alla vasta rete di donatori del partito di fare altrettanto. Non e' il solo e essersi mobilitato a fianco di Rubio. David Brooks, columnist conservatore illuminato, ha sua volta scritto sulle pagine del New York Times quello che ormai pensano in molti: i repubblicani hanno oggi un unico candidato “vero”, cioe' eleggibile e allo stesso capace di mostrare la grinta, la passione e la stoffa per essere votato alla Casa Bianca. Rubio, appunto.
La logica e' ferrea: i due front runner del momento nei sondaggi sono uno showman e “bancarottiere seriale”, Donald Trump, che fa notizia per arroganza e razzismo e Ben Carson, un balbettante - politicamente parlando - ex neurochirurgo che si fa notare per l'insostenibile leggerezza delle sue opinioni. Contenuti vacui e atroci - un musulmano non potra' mai diventare presidente; sono medico ma non ho idea di cosa sia il caro-prezzi nei farmaci - espressi con voce pacata e pensosa.

L'idea dominante a Washington e' che prima o poi la stana coppia, sostenuta dall'irrequietezza del pubblico, cada. Ma i rivali assomigliano a un'armata Bracalone piuttosto che alla squadra di politici superdotati che il partito vanta nei comunicati stampa: Ted Cruz sprizza talento, ma quello di un ultra' texano che cuoce la pancetta sulla canna di un mitragliatore (la sua pubblicita' elettorale piu' famosa). Chris Christie, governatore di New Jersey, e' lontano anni luce da quando era un leader di belle speranze, da allora sono esplosi gli scandali sui suoi abusi di potere e ora somiglia e suona come una trita caricatura di Tony Soprano. Il Times gli ha appena chiesto di farsi da parte per governare, alla meno peggio, almeno il suo stato. L'unica donna, l'ex amministratore delegato Carly Fiorina, si autoproclama il “terrore” di Hillary, ma nella sua carriera ha solo spaventato le aziende - Lucent e HP - che da dirigente ha portato al collasso con uno stile manageriale interessato quasi esclusivamente alla promozione personale. John Kasich ha l'aria di politico ormai speso, Rand Paul e' perennemente spaesato e Mike Huckabee un giullare conservatore dalla battuta pronta e poco altro.

Soprattutto, il candidato finora favorito dall'establishment per emergere eventualmente in testa, Jeb Bush, e' stato il piu' deludente di tutti: pallido, fisicamente e politicamente, sempre piu' indispettito e insofferente, protagonista di una campagna ricca di soldi - oltre cento milioni in cassa - quanto depressa e condannata ai bassifondi dei sondaggi, un contrasto drammatico dopo che aveva promesso una corsa all'insegna dell'ottimismo. Ha l'aria di uno sconfitto prima ancora di essere battuto.
Rubio, ex protetto proprio di Bush, appare invece in grado di rivendicare il manto di autentico conservatore - fu eletto sulle spalle del movimento dei Tea Party - ma anche credenziali moderate. E' un volto giovane simbolo di novità, ma proietta serieta'. E grazie alla famiglia di origine cubana puo' anche spuntare le armi a chi critica il partito come incapace di rivolgersi alla enorme minoranza ispanica. E' a lui, cosi', che potrebbero rivolgersi finanziatori e notabili del partito delusi da Bush.
Il momento rivelatore e' stato lo scontro diretto con Bush nell'ultimo dibattito: Jeb l'ha attaccato per i tanti voti che ha mancato al Senato. Rubio pero' ha riposto prontamente: ha dipinto il rivale come un “disperato” in balia di chi gli suggerisce di darsi alle aggressioni personali. Bush e' rimasto paralizzato. Eppure avrebbe avuto ragioni per una controffensiva: Rubio e' effettivamente il piu' assenteista dei senatori, un record che risale a ben prima che dichiarasse alla sua candidatura presidenziale. Se e' dunque un politico sicuramente con grandi ambizioni personali, questo non necessariamente ne fa un leader provato al governo. Il fallimento di Bush e' parso una premonizione di sventura che avra' bisogno di una magia politica finora elusiva per essere smentita.

Il futuro di Rubio, va ricordato, e' ancora men che sicuro. I primi voti alle primarie arriveranno solo fra tre mesi in Iowa, New Hampshire, Nevada e South Carolina. La sua organizzazione nazionale consiste di 70 funzionari, anche dopo un aumento di un quinto nell'ultimo mese. Le sue finanze elettorali sono tuttora fragili, una manciata di milioni. E il suo curriculum resta da scrutinare, a cominciare dai business personali. Una cosa e' certa: la sua “stoffa” politica sara' messa alla prova adesso che e' sotto i riflettori nei panni di potenziale nuovo favorito alla nomination repubblicana per il 2016.

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