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lezioni dalla storia

Perché la prima globalizzazione è finita nel sangue di due guerre mondiali

Quella che stiamo vivendo oggi, iniziata con la caduta del Muro alla fine degli anni Ottanta del XX secolo, non è la prima globalizzazione della storia. C’è stato un altro lungo periodo di grande accelerazione dell’interdipendenza e dell’integrazione tra economie, mercati, culture e nazioni. Una prima grande ondata che si è verificata tra il 1870 e il 1913 portando prosperità e benessere. Per poi finire molto male, nel bagno di sangue delle due guerre mondiali.

Ma andiamo con ordine. A innescare la prima globalizzazione, come ricorda la ricerca di Crédit Suisse The End of Globalization or a More Multipolar World, non sono state le multinazionali americane ma l’enorme spinta commerciale dell’Impero britannico. In un mondo meno sviluppato di quello di oggi, il boom delle esportazioni del mondo occidentale raggiunse vette mai viste: nel 1913 toccò il 17% del Pil delle nazioni industrializzate, contro il 14% del 1870. Per poi risprofondare al 6% nel 1938, un anno prima dell’inizio della seconda guerra mondiale. Solo negli anni Novanta, dopo il collasso dell’Unione Sovietica, venne infranta la barriera del 17% toccata 102 anni fa.

Furono le grandi migrazioni a essere protagoniste della prima globalizzazione. In poco meno di un secolo, tra il 1820 e il 1913, si calcola che oltre sessanta milioni di persone siamo emigrate nel Nuovo Mondo. Solo nei vent’anni tra il 1880 e l’inizio del XX secolo, circa il 6% della popolazione europea ha fatto rotta oltreoceano.

Tutto questo con rapporti di forza economica e finanziaria tra le grandi potenze che erano completamente diversi da quelli attuali. La capitalizzazione di Borsa rispetto al Pil, per esempio, in Francia nel 1913 era il doppio di quella degli Stati Uniti, mentre nel 1980 Parigi si ritrovava ridotta a un quarto di Wall Street.

Sembrava una nuova età dell’oro, la prima globalizzazione. Un lungo periodo di pace e di prosperità. Ma la Belle époque di progressi della tecnologia (soprattutto per trasporti e comunicazioni), del commercio e della finanza portò a squilibri ai quali diversi Stati - per esempio Germania e Italia - già a fine Ottocento risposero con un giro di vite protezionista. La chiusura commerciale alimentò il declino economico, irrobustendo nazionalismo e rivendicazioni territoriali.

E quando nell’estate del 1914 scoppiò la prima guerra mondiale, tutti si attendevano un conflitto breve e di movimento, come la guerra franco-prussiana del 1870. Rapido, indolore e soprattutto vittorioso. «Tornerete nelle vostre case prima che siano cadute le foglie dagli alberi», aveva detto il Kaiser ai soldati tedeschi in partenza per il fronte. Non andò così. Le due guerre mondiali si conclusero più di trent’anni dopo, tra milioni di morti, lasciando in eredità al mondo due enormi blocchi minacciosamente contrapposti: Occidente e Unione Sovietica. La globalizzazione non era mai stata così lontana.

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