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Portogallo verso il ribaltone, sfiducia in Aula per il governo…

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a 11 giorni dall’insediamento

Portogallo verso il ribaltone, sfiducia in Aula per il governo dell’austerity

A undici giorni dal suo insediamento, cade il governo di centrodestra portoghese, aprendo scenari da ribaltone politico che già spaventano i mercati e l’establishment europeo. Il programma del premier socialdemocratico Pedro Passos Coelho, riconfermato dopo 4 anni di risanamento ma anche dura austerity, è infatti stato bocciato con una mozione di sfiducia dall’opposizione socialista e dai partiti di sinistra (Blocco di sinistra, Comunisti e Verdi), che ora - questa l’ipotesi che crea incertezza - potrebbero dar vita a un nuovo esecutivo anti-rigore.

L’esito del voto non è una sorpresa: sebbene infatti i socialdemocratici fossero risultati il partito più votato il 4 ottobre scorso (con il 38% dei consensi), non godevano più della maggioranza assoluta dei precedenti quattro anni e il governo di minoranza che erano riusciti a formare poteva contare solo su 107 parlamentari su 230. I partiti di sinistra, invece, insieme avevano 123 deputati: un numero sufficiente per affossare Passos Coelho e proporsi ora al presidente Anibal Cavaco Silva come possibile alternativa, visto che – appianando o mettendo in secondo piano differenze che finora li avevano sempre divisi, come l’appartenenza all’euro o alla Nato - si sono accordati nei giorni scorsi per sostenere un nuovo governo di minoranza a guida socialista.

Cavaco Silva potrebbe ora affidare al leader socialista Antonio Costa l’incarico di formare il nuovo governo oppure chiedere a Passos Coelho di restare in carica per gli affari correnti fino a nuove elezioni. Che però, in base alla Costituzione, non potrebbero tenersi prima di sei mesi. Sono entrambi scenari che preoccupano i mercati, perché evocano o un quadro di incertezza (il secondo) oppure di revisione del percorso “virtuoso” compiuto dal Portogallo negli anni di bailout e monitoraggio della troika (il primo). Sebbene infatti Antonio Costa abbia promesso di rispettare gli obiettivi di bilancio concordati con la Ue, intende farlo con una ricetta più espansiva, che incentivi i consumi e faccia correre il Pil.

Tra le misure ipotizzate con i partiti di sinistra ci sono lo scongelamento delle pensioni, l’aumento dei salari dei dipendenti pubblici fino ai livelli del 2011 e il graduale innalzamento del salario minimo, modifiche al sistema fiscale che abbassino il carico sulle fasce di reddito più basse e lo alzino per quelle più abbienti, ripristino di giorni di vacanza lavorativa aboliti per ridurre il costo del lavoro, stop alle privatizzazioni e rinazionalizzazione di alcune società privatizzate… Promesse che a qualcuno hanno ricordato quelle di Syriza durante la campagna elettorale greca.

Molti invitano però alla cautela prima di parlare di una nuova Grecia, a cominciare dall’ispiratore del programma economico della nuova possibile coalizione, Mario Centeno, membro del Partito socialista ed ex economista della Banca del Portogallo. «La traiettoria di rientro di deficit e debito pubblico – ha detto in un’intervista al Financial Times- non subirà variazioni».

A differenza di quanto accaduto ad Atene – notano poi, per esempio, gli analisti di Commerzbank – qui il governo sarebbe guidato da un partito di centrosinistra e soltanto appoggiato dalla sinistra più radicale; in secondo luogo, il Portogallo non dipende dai finanziamenti esterni come la Grecia. La reazione dei mercati, però, potrebbe innescare dinamiche pericolose per le finanze pubbliche ancora convalescenti.

Twitter @MicPignatelli

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