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l’offensiva economica usa

Obama sprona il G-20: un'agenda in cinque punti per la crescita globale

NEW YORK - Barack Obama al G-20 in Turchia suonerà la carica brandendo un'agenda per il rilancio della crescita e di una cooperazione economica globali troppo deboli. Un'offensiva che vuole spronare gli altri protagonisti del summit, domenica e lunedì, a fare molto di più al fianco di Washington. In una parola scelta dal presidente: tutti devono “step up”, essere all'altezza della sfida.

La Casa Bianca, attraverso stretti collaboratori quali il consigliere per la sicurezza nazionale Susan Rice, ha fatto sapere che l'amministrazione farà i conti con molte questioni calde, dal dramma dei migranti alla crisi siriana, in un vertice che vedrà anche la partecipazione del leader russo Vladimir Putin e che si svolge in un Paese che con la Siria confina.

Ma il presidente ha messo nero su bianco soprattutto il suo messaggio economico: “La voce dell'America è una voce di coraggiosa azione, una posizione che è rafforzata dalla nostra performance economica” ha scritto Obama in un commento che compare sulle pagine del Financial Times. Ma il G-20 deve oggi fare i conti con un'economia globale che “se cresce, cresce troppo lentamente”. Una sfida “riconosciuta dal G-20 l'anno scorso e che adesso è ancora piu' pronunciata”.

Il messaggio, dunque, è che servono “azioni per rafforzare la crescita in modo che tutti ne traggano beneficio”. Perche' “l'America non puo' rimanere il solo motore della crescita globale, altri paesi devono contribuire”.

Obama mette in fila cinque specifiche aree di intervento. Politiche fiscali che “sostengano la domanda nel breve termine e investano nel futuro”. Altrimenti un mondo che fa eccessivamente ricorso ai consumatori americani e' condannato a “mettere a rischio la sostenibilità della ripresa globale”. In secondo luogo occorre sostenere la domanda “mettendo più soldi nelle tasche dei ceti medi che guidano la crescita”. Qui cita negli Stati Uniti gli sforzi per espandere la copertura sanitaria, contenere i costi dell'istruzione universitaria, ridurre le imposte sui redditi medi e alzare i salari minimi. Mentre la Cina viene presa di mira: deve accelerare la transizione verso un'economia trainata dai consumi.

Il terzo pilastro è la demolizione delle barriere all'ingresso sul mercato del lavoro. Gli esempi citati vanno dalle politiche giapponesi per aumentare la partecipazione delle donne nella forza lavoro ai paesi europei dove hanno attecchito politiche favorevoli alla famiglia sul posto di lavoro e dove sono stati accolti centinaia di migliaia di rifugiati, una “risposta umanitaria ma anche un'opportunità economica da cogliere”. Quarto elemento: accordi di liberalizzazione commerciale fondati su elevati standard e che avvantaggiano i ceti medi. E' il caso della Trans-Pacific Partnership, l'intesa tra Stati Uniti e nazioni del Pacifico (Cina esclusa) che aiuterà a creare “salari piu' alti, posti di lavoro piu' sicuri, concorrenza più equa e un ambiente più pulito”. In quinto luogo ci sono gli investimenti pubblici, sopratutto quando i tassi di interesse sono bassi. Simili investimenti possono stimolare gli investimenti privati, un fatto dimostrato in America dalle politiche sull'energia pulita. E Obama invoca la necessità che alla Conferenza sull'ambiente dell'Onu a Parigi in dicembre venga raggiunto un “accordo ambizioso” su un futuro a bassa anidride carbonica. Un passaggio rivolto anzitutto a potenze emergenti quali India, Brasile e Indonesia, che devono puntare ad una prossima fase di sviluppo attraverso nuovi investimenti privati nell'energia pulita.
Obama ha preparato un'agenda globale, insomma, dove da fare ce n'è per tutti.

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