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#NotInMyName: la mobilitazione in rete di islamici contro le stragi di…

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le stragi di parigi sui social

#NotInMyName: la mobilitazione in rete di islamici contro le stragi di Parigi

  • –di Ma.l.C.

«NotInMyName», «Non a nome mio». Che siano definiti dagli occidentali moderati o no, poco importa: sono decine di migliaia i musulmani di tutto il mondo che hanno postato sui social media questo hashtag per marcare la distanza con il comportamento dei terroristi autoproclamatosi affiliati all’Isis, che hanno assaltato Parigi ieri in più punti e provocato la morte di 128 persone, oltre al ferimento di alcune centinaia.

Dal Marocco all’Indonesia passando da Gaza, la presa di distanza è forte e decisa. Tanto che l’hashtag ha scalato nelle ultime ore le classifiche internazionali, entrando nella top ten delle citazioni più ricorrenti su Twitter. Ma non solo: sono numerosi gli uomini e le donne che hanno pubblicato sui social la propria fotografia mentre reggono il cartello con #NotInMyName o con messaggi di solidarietà con i parigini. Un modo, quello di metterci la faccia, che assume sui social media un significato preciso: uno schierarsi «senza se e senza ma», come ha sottolineato oggi l’Ucoii, l’unione delle comunità islamiche italiane, a fianco delle vittime di questi massacri e contro chi in nome di Allah sparge morte e terrore.

Molti e vari i post, così come gli hashtag utilizzati, oltre a #NotInMyName o a #PrayForParis. Noor Al-Khaled, per esempio, pubblica su Twitter i precetti del Corano: «For anyone confused about what we, as Muslims, believe. Remember, terrorism is #NotInMyName». «Let's #PrayForParis. Killings is never the answer.. And killers are not MUSLIM #ParisAttacks #NotInMyName #Islam» scrive invece Yongky Moctar Efendi, mentre “aspettaminash” scive: «A scuola ho sempre paura di essere paragonata all'isis. Sono musulmana,ho molta paura. Non riesco ad andare avanti. #NotInMyName».

Già in occasione dell’attacco a Charlie Hebdo l’hashtag aveva riscosso molto successo r e riproposto - periodicamente - in occasione di molte manifestazioni, come contro il premier Modi, iil numero uno indiano, durante la sua visita l’altro ieri a Londra. Ma in questo caso l’hashtag marca una separazione ancora più netta, segnata dal sangue delle centinaia di persone colpite in queste ore a Parigi.

Tanto da spingere i musulmani a citare su Twitter il Corano, ad argomentare il segno della loro distanza dai terroristi dell’Isis. «Chi uccide un innocente uccide l’umanità intera» (Surat Al-Ma’idah 5:32). Già pochi minuti dopo l’ondata di attentati, era scattato il passaparola tra gli islamici. Malik Riaz H. Naveed, intorno alle 23 di ieri sera scrive: «My name is Malik Riaz. I am a Muslim. I condemn the #ParisAttack. Over 1.5 billion Muslims do».; uno statement condiviso o adattato sulla propria bacheca da decine di migliaia di altri musulmani. Che siano definibili moderati o no secondo i criteri occidentali, è difficile stabilirlo. Ma di certo quello che fa l’Isis è #NotInMyName.

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