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La vera guerra all’Isis non è ancora cominciata

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le analisi del sole

La vera guerra all’Isis non è ancora cominciata

Gli attacchi dello Stato Islamico a Parigi e contro l'aereo russo in Sinai hanno accomunato russi e francesi, tornati amici anche sul piano militare dopo le diatribe determinate dalla crisi ucraina e sfociate nel blocco alla vendita alla flotta russa delle due portaelicotteri da assalto anfibio Mistral.

Paradossale quindi che contro lo Stato Islamico l'alleanza (termine sdoganato dallo stesso Vladimir Putin che ha ordinato alla flotta nel Mediterraneo di operare al fianco delle navi francesi «come alleati») tra russi e francesi si manifesti inizialmente sul mare per poi assumere probabilmente anche una dimensione aerea. L'arrivo della portaerei De Gaulle nel Mediterraneo orientale porterà a 36 i cacciabombardieri di Parigi (6 Rafale negli Emirati Arabi Uniti, 6 Mirage 2000 in Giordania e 24 Rafale e Super Etendard sulla portaerei) mentre i russi hanno affiancato da ieri alle missioni effettuate dai 34 jet sulla base siriana di Latakya le incursioni dei bombardieri strategici Tupolev a lungo raggio Tu-160, Tu-95 e Tu-22M3 che hanno colpito con missili da crociera le basi dello Stato Islamico decollando direttamente dalle basi in Russia.

L’alleanza Hollande-Putin
La “guerre” proclamata da Hollande sembra quindi trovare più sostegno a Mosca che tra gli alleati Occidentali. Certo Washington sta fornendo ai francesi un po' di informazioni d'intelligence circa i bersagli che Mirage e Rafale colpiscono intorno a Raqqa ed è in corso un indubbio potenziamento delle incursioni aeree statunitensi contro l'Isis ma la Nato continua a guardare ala Russia come un nemico e l'Europa segna l'ennesimo autogol sul fronte della politica estera e di difesa. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg ha detto ieri che gli «orribili attacchi terroristici» a Parigi che sono un «attacco ai valori fondamentali su cui sono basati sia la Nato sia la Ue» annunciando che l'Alleanza Atlantica sta «intensificando il lavoro per lo scambio di analisi, informazioni e intelligence» tra gli alleati ed i paesi europei, ma resta anche «molto preoccupata» per la situazione in Ucraina Orientale dove c'è «pericolo reale di ritorno della violenza».

L’inutilità degli strumenti di difesa europei
Se la Nato continua a considerare i russi nemici, la chiamata alle armi di Francois Hollande alla Ue si è risolta invece in un flop: i ministri della Difesa dei Ventotto hanno accolto l'appello lanciato in nome della clausola di solidarietà contenuta nell'articolo 42.7 del Trattato di Lisbona, che prevede sostegno per uno Stato membro vittima di un'aggressione, ma Federica Mogherini ha precisato che l'appoggio militare a Parigi sarà fornito «su basi bilaterali». Cioè i singoli Stati membri decideranno se e in che misura contribuire allo sforzo bellico francese in base ad accordi tra i rispettivi governi. Un'iniziativa che sancisce di fatto l'inutilità degli strumenti comunitari tenuti conto che non c'è da attendersi dagli europei un rilevante contributo militare a la “guerre” all'Isis. Un dato già emerso negli ultimi 15 mesi nell'ambito della Coalizione a guida statunitense in cui gli europei hanno giocato un ruolo più che marginale, con l'Italia unico partner a impiegare i suoi 4 bombardieri Tornado privi di bombe. La rinnovata paura di esporsi a rappresaglie terroristiche scoraggerà probabilmente molti Paesi Ue, esclusa forse la Gran Bretagna, ad affiancare ai francesi forze da combattimento. Più probabile che alcuni partner si rendano disponibili a sostituire con proprie truppe le forze di Parigi dislocate in missioni ONU o Ue per renderle disponibili per la guerra all'Isis.

La guerra che ci vorrebbe
In termini operativi meglio non farsi illusioni circa l'efficacia dei raid aerei se non accompagnati da un robusto dispositivo terrestre. L'efficacia dei bombardamenti russi è più elevata dove ci sono truppe siriane, hezbollah e iraniane pronte a sfruttarne i vantaggi così come accadde con i raid aerei statunitensi in appoggio ai curdi sul fronte di Erbil e a Kobane. Washington e Mosca hanno ribadito anche ieri che non invieranno truppe di terra in Siria ma è evidente che se Hollande vorrà dare davvero seguito alla “guerra spietata” che ha dichiarato all'Isis dovrà attivare anche un contingente terrestre. Una forza su 4 brigate con artiglieria, mezzi corazzati ed elicotteri (circa 20 mila uomini) che affiancasse le truppe siriane, curde e irachene potrebbe annientare l'Isis in poche settimane liberando Raqqa e Mosul lasciando poi alle forze locali il compito di stabilizzare la regione. È però improbabile che russi e occidentali riescano a mettere in campo un corpo di spedizione simile e la Francia, pur nello sforzo massimo e tenendo conto degli impegni già in atto in Africa, potrebbe mobilitare non più di 6 mila uomini per la guerra “boots on the ground” all'Isis da schierare in Iraq o direttamente in Siria se la nuova “entente cordiale” con Mosca convincesse Bashar Assad ad autorizzare lo sbarco di truppe francesi sul suo territorio. Un'iniziativa che costituirebbe un deciso rovesciamento delle posizioni della Francia che fino a giovedì scorso riteneva il regime siriano un nemico da abbattere tanto quanto lo Stato Islamico.

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