Sono Bruxelles e Parigi l’epicentro dell’allerta terrorismo in Europa. Ma anche Spagna, Italia, Svezia e Danimarca hanno alzato il livello di minaccia un gradino al di sotto del massimo.
La sera del 13 novembre François Hollande ha dichiarato lo stato di emergenza in tutto il Paese mentre in Ile de France, la regione di Parigi, è dal 7 gennaio scorso, giorno della strage di Charlie Hebdo, che Vigipirate - il sistema nazionale di allerta per la sicurezza - è stato posto al livello più elevato, scarlatto.
Dal 21 novembre la capitale belga Bruxelles è in massima allerta, quarto livello sui quattro previsti. La caccia all’uomo nelle strade della capitale, in corso da oltre tre giorni, ha portato le autorità a ritenere che la minaccia sia «grave e imminente». Nel quartiere Molenbeek si sarebbero nascosti i responsabili degli attacchi di Parigi e i loro complici. Nel resto del Paese il livello è stato invece elevato a tre.
In Spagna dopo gli attentati in Francia, Tunisia e Kuwait il livello è salito a quattro su una scala di cinque e indica «un alto rischio di attacco» mentre in Italia siamo a due su tre il massimo livello raggiungibile in assenza di un attacco diretto al Paese.
Anche la Svezia teme attentati imminenti e il 18 novembre per la prima volta ha alzato di un gradino (quattro su una scala di cinque) il pericolo per il Paese.
Se la Germania non ha una scala formale di allerta, il Governo può tuttavia emanare specifici avvertimenti nel caso ritenga probabile un attentato. È successo per esempio nel 2010 quando notizie di intelligence indicavano che i terroristi stavano preparando un possibile attacco al Reichstag, l’edificio sede del Parlamento.
I britannici hanno non hanno cambiato la valutazione del pericolo di attentati dopo i fatti di Parigi, mantenendola le resto al livello di poco sotto al massimo (quattro su cinque) ovvero “grave” perché un attacco è estremamente probabile, dove si trova dall’agosto 2014.
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