Da dove twittano i supporter di Isis? E in che lingua? Che hashtag usano? Quanti follower hanno? Utilizzano anche delle app? The Isis Twitter Census, il monumentale studio di J. Berger e Jonathon Morgan, ha riguardato qualcosa come 46mila account, tutti utilizzati dai supporter del Califfato tra l’ottobre e il novembre 2014. A pubblicato è stata la prestigiosa Brooking Institution, che con i suoi 99 anni di storia rappresenta uno dei più antichi e autorevoli think thank statunitensi. I due ricercatori hanno sudato sette camicie su questi delicati “big data”, con un lavoro certosino e di grande rigore scientifico. Ecco cosa hanno scoperto.
Come li hanno scovati
Vediamo innanzitutto come sono stati trovati i supporter dei jihadisti. Tutto è partito dagli account ufficiali di Isis, sospesi nell’estate 2014. I due ricercatori - in particolare J. Berger - hanno fatto un lavoro enorme nell’identificare e monitorare i followers degli account principali prima che venissero oscurati, seguendone poi l’attività su base quotidiana nei mesi successivi, con un livello di dettaglio mai raggiunto prima.
Da dove arrivano i tweet
Un primo dato importante è quello sulla provenienza dei tweet. Analizzando un campione di 20mila account, scopriamo che al primo posto c’è l’Arabia Saudita (866 account), seguita ovviamente da Siria (507) e Iraq (453), cioè territori in parte controllati dal Califfato. Seguono gli Stati Uniti (404), quindi Egitto, Kuwait, Territori Palestinesi e Libano. In decima posizione c’è la Gran Bretagna. Attenzione però, spiega il report di Brooking, perché centinaia di account sono impossibili da localizzare geograficamente.
La lingua, gli hashtag e le app
Quanto alla lingua scelta, un quinto dei tweet esaminati è in inglese, quasi tre quarti in arabo e circa uno su venti in francese. Se invece si prendono in considerazione gli hashtag, il 26% è riconducibile a quattro variazioni linguistiche di «Stato Islamico», mentre «Urgente» e ««Siria» rappresentano circa il 4% del totale ciascuno. Molti tweet, inoltre, vengono mandati automaticamente da app scaricate dagli utenti. La più famosa tra queste era conosciuta come L’alba della buona novella: dopo l’endorsement delle personalità più di spicco di Isis, questa app venne scaricata da migliaia di persone nella prima metà del 2014, mandando a sua volta decine di migliaia di tweet al giorno, prima di essere bloccata nel giugno dell’anno scorso.
Follower superiori alla media
I support di Isis, prosegue il report, hanno inoltre un numero di follower superiore alla media, anche se privo di grandi numeri. Solo il 4% degli account ha più di 5mila follower, mentra la stragrande maggioranza (73%) ne ha meno di 500. Cifre decisamente basse rispetto ai milioni di “seguaci” delle popstar, ma pari a cinque volte la media: i supporter di Isis vantano infatti in media 1004 follower per account, contro i 208 dell’utilizzatore medio di Twitter. Il successo della propaganda sul web, continua il report, si deve comunque a un numero abbastanza ridotto (tra i 500 e i 2mila) ma particolarmente attivo di account, sui quali si concentrano grandi volumi. Tra gli account monitorati, sono 545 quelli da cui partivano tra i 150 e i 200 tweet al giorno.
I contenuti veicolati
Naturalmente i 140 caratteri dei tweet sono troppo pochi per veicolare messaggi di propaganda esplicita. I“cinguettii” dei supporter di Isis rimandano quindi regolarmente a link che portano a pagine web esterne al social. Su quasi 5,4 milioni di tweet censiti dalla ricerca, sono state trovate oltre 2,1 milioni di “Url brevi” (ossia indirizzi web abbreviati che puntano a siti di propaganda del Califfato). In pratica, c’era un link a un sito esterno ogni 2,5 tweets. Probabilmente la maggior parte delle oltre 2 milioni di “Url brevi” erano indirizzate a una manciata di siti di propaganda Isis, ma il report di Brooking non si è spinto al di fuori di Twitter, sul terreno di un censimento più dettagliato dei blog del Califfato. Quella, di sicuro, è materia più da servizi segreti che da ricerca accademica.
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