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Ankara, mercato da 10 miliardi per il made in Italy

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Asia e Oceania

Ankara, mercato da 10 miliardi per il made in Italy

  • –Luca Orlando

Milano

Fino a pochi anni fa avremmo potuto di re: pazienza. Oggi no. Perché i flussi commerciali che dall’Italia si orienta no verso la Turchia sono lievitati progressivamente, fino a spingere Ankara nella top ten dei clienti del made in Italy, ad una manciata di milioni di distanza da Cina e Polonia.

Alla vendita di prodotti si aggiunge poi la presenza diretta, 289 aziende a controllo italiano che hanno localizzato in Turchia sedi commerciali o produttive, a controllo diretto o in joint venture. Come Fca, Pirelli, Same-Deutz Fahr, Magneti Marelli, Barilla, Ferrero, Indesit-Whirlpool, a cui si aggiungono decine di Pmi della componentistica. Aziende piccole e grandi che evidentemente guardano con grande attenzione a ciò che accade nell’area. «Per noi - spiega Lodovico Bussolati, ad di Same Deutz-Fahr, colosso dei macchinari agricoli - il mercato nel Paese sta andando bene, secondo le previsioni. Certo, la Turchia è diventato importante, la stabilità dell’area è un valore fondamentale, da preservare».

Nel paese finisce il 2,4% del nostro export (siamo il loro quinto fornitore), lo scorso anno poco meno di dieci miliardi di euro, con prospettive quanto mai incerte per l’esito finale del 2015. Fino a pochi giorni fa gli imprenditori guardavano con qualche sollievo alla fine del lungo ciclo elettorale di Ankara, con la prospettiva di una ritrovata stabilità, valutaria e non solo.

Nel bilancio dei primi dieci mesi dell’anno il progresso delle vendite è nell’ordine dei 400 milioni (+5%) ma ottobre presenta una brusca inversione di rotta, con una caduta vicina al 9%. E l’ipotesi di riportarsi a ridosso dei record 2012 (10,6 miliardi) torna ora pesantemente in discussione.

Notizie non brillanti per il made in Italy manifatturiero, in particolare per l’area vasta dei macchinari e delle attrezzature, che verso la Turchia esporta ogni anno più di due miliardi di euro. E l’alta tensione con la Russia, le difficoltà nei rapporti con l’Europa, le guerre ai suoi confini, non rappresentano certo notizie positive per chi ha in quel mercato uno sbocco commerciale. Nel meccanotessile la frenata in Turchia, è tra i motivi principali del calo globale degli ordini nel terzo trimestre. «Certo, i turchi l’hanno fatta grossa - spiega Sandro Salmoiraghi, imprenditore del meccanotessile e presidente di Federmacchine - ma io non vedo ripercussioni immediate sull’attività economica. Mi pare una vicenda assurda, ma credo che rientrerà a breve, dobbiamo tenere i nervi saldi e non cedere al pessimismo». «Preoccupato? Lo sono già normalmente - aggiunge Riccardo Comerio, costruttore di macchinari per gomma-plastica - è chiaro che si tratta di una situazione complessa, il mercato è diventato assolutamente importante. Io però credo che alla fine prevarrà il buon senso». «Abbiamo un impianto produttivo nel Paese - spiega Piero Starita - costruttore di macchinari per fonderia - ma per fortuna è esattamente dall’altra parte, sulle sponde del Mar Nero. Per ora non vediamo effetti, ma è chiaro che una ritrovata stabilità nell’area farebbe bene a tutti».

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