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Il Papa: accordo globale sul clima

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Medio Oriente

Il Papa: accordo globale sul clima

Nairobi - Applausi a ripetizione, grida di entusiasmo, gesti di saluto, foto a non finire. Così viene vissuto nell’enorme sala dell’Onu di Nairobi il discorso di Francesco è vissuto dai 3mila tra delegati e dipendenti delle Nazioni Unite e il Papa è davvero molto chiaro su come la Chiesa guarda all’imminente conferenza di Parigi, Cop21, che si apre domenica tra speranze (di un accordo vero) e timori (sulla sicurezza).

«Sarebbe triste e, oserei dire, perfino catastrofico che gli interessi privati prevalessero sul bene comune e arrivassero a manipolare le informazioni per proteggere i loro progetti» dice, e spera che il summit «porti a concludere un accordo globale e trasformatore» per «la riduzione dell’impatto dei cambiamenti climatici, la lotta contro la povertà e il rispetto della dignità umana». Un discorso a tutto campo, dalle preoccupazioni per le conseguenze di accordi commerciali internazionali, specie per l’accesso ai farmaci nei Paesi poveri, alla condanna dei traffici di armi e di materie prime che alimentano «l’instabilità politica, la criminalità organizzata e il terrorismo».

Un discorso in spagnolo nel Green Building – sede anche di Unep (United Nations Enviroment Programme) e Un-Habitat (United Nations Human Settlements Programme) - dove ribadisce che «l’abuso e la distruzione dell’ambiente sono associati ad un inarrestabile processo di esclusione» e definisce COP21 «un passo importante nel processo di sviluppo di un nuovo sistema energetico che dipenda al minimo da combustibili fossili, punti all’efficienza energetica e si basi sull’uso di energia a basso o nullo contenuto di carbonio. Ci troviamo di fronte al grande impegno politico ed economico di reimpostare e correggere le disfunzioni e le distorsioni del modello di sviluppo attuale». Un vero accordo a Parigi, quindi, può dare un «segnale chiaro in questa direzione», se si eviterà «qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze». E su questa linea incoraggia «l’impegno di organismi internazionali e di organizzazioni della società civile che sensibilizzano le popolazioni e cooperano in modo critico, anche utilizzando legittimi meccanismi di pressione, affinché ogni governo adempia il proprio e non delegabile dovere di preservare l’ambiente e le risorse naturali del proprio Paese, senza vendersi a ambigui interessi locali o internazionali».

E cita le «forme estreme e scandalose di scarto e di esclusione sociale, come sono le nuove forme di schiavitù, il traffico delle persone, il lavoro forzato, la prostituzione, il traffico di organi». Come pure i migranti che fuggono la miseria aggravata dal degrado ambientale. Ma tanti sono i temi sensibili che vanno tutelati nell’ambito degli accordi transnazionali a partire dall’accesso ai farmaci nei paesi poveri e riguardo ad altri temi sanitari come l’eliminazione della malaria e della tubercolosi, la cura delle cosiddette malattie “orfane” e i settori trascurati della medicina tropicale che richiedono un’attenzione politica prioritaria, «al di sopra di qualsiasi altro interesse commerciale o politico». Eppoi anche un richiamo al tema dell’urbanizzazione e quindi anche delle “banlieue”: «Da tempo siamo testimoni di un rapido processo di urbanizzazione, che purtroppo porta spesso a una smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili e inefficienti. E sono anche luoghi dove si diffondono preoccupanti sintomi di una tragica rottura dei legami di integrazione e di comunione sociale, che porta all’aumento della violenza e il sorgere di nuove forme di aggressività sociale, il narcotraffico e il consumo crescente di droghe fra i più giovani, la perdita di identità, lo sradicamento e l’anonimato sociale».

Ma nella giornata di ieri, fitta di impegni, il Papa è tornato sul tema della violenza e del terrorismo: «Il Dio che noi cerchiamo di servire è un Dio di pace. Il suo santo nome non deve mai essere usato per giustificare l’odio e la violenza» ha detto ai rappresentanti delle altre confessioni cristiane e delle altre religioni del Kenya, colpita da molti casi di terrorismo. E, con chiaro riferimento anche a quanto sta accadendo in questi tempi, ha aggiunto che «troppo spesso dei giovani vengono resi estremisti in nome della religione per seminare discordia e paura e per lacerare il tessuto stesso delle nostre società». E in un incontro con preti e suore, parlando a braccio, li ha invitati a non seguire la vita religiosa «per la propria ambizione, per la ricchezza, per essere una persona importante nel mondo», servendo «i più poveri, gli ultimi, i bambini e gli anziani, anche le persone inconsapevoli della loro superbia».

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